
La presentazione di un ordine del giorno per la richiesta di un parere tecnico legale che potesse trovare soluzioni alternative al depuratore consortile Manduria-Sava con scarico in mare, potrebbe costare caro all’ex consigliere regionale manduriano, Luigi Morgante. Secondo la Corte dei Conti, infatti, la parcella di quel parere, pari a 12mila euro, sceso poi a poco più di settemila, dovrebbe pagarlo il proponente di quella proposta anche se approvata all’unanimità da un gruppo di lavoro composto da consiglieri di diversi schieramenti politici. È l’esito di una verifica che la magistratura dei conti dello Stato ha fatto sulle spese di funzionamento dei gruppi consigliari rilevando la non finanziabilità di quella specifica consulenza.
Era il mese di dicembre del 2015, le comunità dei due comuni interessati, Avetrana e Manduria, erano in fermento perché vedevano nello scarico a mare, individuato tra due aree ambientalmente protette, una seria minaccia per l’ecosistema e per l’economia del territorio.
La politica cercava di dare risposte ad un progetto vecchio di circa dieci anni che non teneva conto di alternative meno impattanti che nel frattempo erano state studiate. Era questo lo scopo del gruppo di lavoro bipartisan creato nel Consiglio regionale dell’epoca. Ad avanzare la proposta, accettata da tutti, di chiedere un parere tecnico indipendente, propedeutico alla modifica del Piano Tutela delle acque reflue, fu l’allora esponente del Movimento Schittulli area Popolare, Morgante. Dalla documentazione allegata alla deliberazione della Corte dei Conti della Regione Puglia, si documenta che con lettera del 2 dicembre 2015 indirizzata all’avvocato S.G., il consigliere Morgante, d’intesa con i consiglieri regionali facenti parte del citato gruppo di lavoro, ha fatto richiesta di un parere giuridico legale urgente sulla fattibilità della utilizzazione delle acque reflue del depuratore consortile Manduria – Sava per la ricarica artificiale della falda a rischio salinizzazione».
Il legale svolse il suo compito consegnando il parere il 18 dicembre di quello stesso anno, senza però ricevere il dovuto compenso.
«A seguito di ripetuti solleciti bonari e di formali richieste di pagamento infruttuosamente esperite – scrivono i giudici contabili -, con ricorso del giugno 2019 l’avv. S.G. ha chiesto al Tribunale civile di Taranto la condanna del consigliere Morgante al pagamento della somma complessiva di 12.636 euro a titolo di competenze per l’attività professionale svolta».
Naturalmente il consigliere manduriano si è opposto alla decisione del Tribunale civile dove è in corso ancora il contenzioso. Secondo Morgante la somma richiesta, scesa poi a circa 7mila euro per via di una transazione bonaria, la dovrebbero pagare tutti i gruppi consigliari di quel gruppo. Morgante, non più rieletto nelle successive elezioni, è convito di essere vittima di una ingiustizia. «Forse ai giudici della Corte dei Conti – dice – è dovuta sfuggire qualcosa come la dichiarazione dell’allora presidente del Consiglio, Mario Loizzo, il quale approvava la regolarità di quell’incarico legale frutto di un ordine del giorno condiviso e non di una iniziativa personale di un solo consigliere».
Nazareno Dinoi
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2 commenti
Realtà
mer 2 giugno 2021 11:58 rispondi a RealtàCon i soldi pubblici son tutti bravi. Chi sbaglia deve pagare.
Prendiamociperilkul
mer 2 giugno 2021 04:34 rispondi a PrendiamociperilkulLei ha perfettamente ragione, la norma esiste ma casualmente non è stata mai applicata; anche perché se così fosse i politici manduriani andrebbero tutti ku li pezzi anculu ci erunu pajari li minchiati...per la loro spiccata professionalità e competenza che dimostrano durante l’espletamento del loro mandato.