Giovedì, 18 Aprile 2024

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Le richieste del presidente Salvatore Toma

Vertenza ex Ilva, il documento di Confindustria Taranto consegnato al ministro Urso

Salvatore Toma Salvatore Toma

Lo stabilimento siderurgico di Taranto è di interesse strategico nazionale in quanto investe non già il solo territorio jonico e pugliese ma tutto il Paese.

La premessa è d’obbligo per andare a definire qualsiasi tipo di approccio rispetto alla questione, che peraltro presenta diversi aspetti e altrettante criticità.

Confindustria Taranto, rispetto agli scenari futuri, esprime prioritariamente un NO alla statalizzazione dell’acciaieria al 100% e un SI ad un eventuale riequilibrio della governance che veda Invitalia quale socio di maggioranza;

allo stesso tempo, però, è importante far sì che, qualunque sia il socio di maggioranza, lo Stato debba vigilare ed eventualmente intervenire laddove vengano meno gli impegni assunti rispetto ai processi di ambientalizzazione, ai processi di produzione e al rapporto, fondamentale, con le aziende dell’indotto.

La presenza  dello Stato dovrà essere pertanto prioritaria sulla gestione dell’acciaieria in virtù dello status, già citato,  di “stabilimento di interesse strategico nazionale” .

Pertanto, la nostra volontà va nella direzione di :

1. avere contezza di un piano industriale che consenta alla fabbrica dell’acciaio la continuità sul piano della produzione e dei processi di ambientalizzazione, aderendo alle intenzioni del Governo e accogliendo con favore le iniezioni di liquidità che possano favorirne la continuità; 

2. fare in modo che tali risorse siano direzionate anche alle aziende dell’indotto, affinché possano continuare a lavorare all’interno di Adi in condizioni di serenità, prive di condizionamenti e con reali prospettive di futuro, e che quindi il decreto, almeno per la parte relativa alle risorse stanziate, possa trovare tempestiva applicazione;

3. avere maggiore contezza di quali saranno i prossimi passi del Governo per incentivare e accelerare il processo di decarbonizzazione che tutta la comunità auspica.

In merito al decreto legge, riteniamo che contenga alcuni passaggi importanti che potrebbero servire a sbloccare situazioni altrimenti ancora vincolate.

Intanto, potrebbero permettere a Invitalia di divenire socio di maggioranza in tempi anticipati rispetto a quelli finora previsti; questo passaggio, al solo fine di consentire un maggiore equilibrio nel rapporto fra pubblico e privato, a garanzia di un interesse pubblico che trova nello Stato un garante e nel privato il giusto know how per dare continuità, con tutti i crismi – ambientali, produttivi, occupazionali, relazionali  – allo stabilimento.

Esprimiamo inoltre, pur senza contestarne la liceità, preoccupazione in merito all’art. 2 dello stesso decreto, ovvero l’eventuale ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese “che gestiscono uno o più stabilimenti di interesse strategico nazionale”. L’introduzione di questo articolo è preoccupante perché riporta a dinamiche che hanno prodotto, per le nostre imprese dell’indotto, una debacle finanziaria senza precedenti. E ci riferiamo ai 150 milioni di crediti vantati dalle aziende nei confronti di Ilva in AS e mai più corrisposti. La perplessità è lecita e la domanda che ci pongono le aziende lo è altrettanto. Rischiamo di ritrovarci davanti ad una situazione analoga al 2015?

In questo senso, portiamo all’attenzione di questo Governo alcune proposte. La prima riguarda il recupero dell’Iva versata sul monte crediti confluito nello stato passivo all’interno della procedura concorsuale;  la seconda, attiene al recupero della mole dei crediti pregressi attraverso forme di azionariato che vedano coinvolte le imprese creditrici, o ancora alla cartolarizzazione degli stessi crediti attraverso Cassa Depositi e Prestiti.

Si tratta di percorsi che sappiamo essere complessi ma che rivestono per queste aziende una grande importanza: l’assunto è che a condizioni di straordinarietà questo Governo possa rispondere con interventi di analoga straordinarietà, guardando al territorio jonico come area già fortemente penalizzata in passato a causa delle dinamiche già esposte ed allo stesso tempo sede di uno stabilimento di interesse strategico nazionale.

Allo stesso tempo, e ci teniamo in questa sede a sottolinearlo, ci sono realtà imprenditoriali del territorio pronte ad investire direttamente nell’acciaieria, a riprova del forte legame che unisce gli industriali tarantini allo stabilimento siderurgico.

Torniamo in questa sede a ribadire che i piani industriale e ambientale devono poter essere patrimonio di tutti gli stakeholders del territorio jonico, e all’occorrenza oggetto di dibattito. Le aziende dell’indotto, che costituiscono elemento essenziale e importante dello stabilimento, vogliono essere parte attiva nel piano industriale e contribuire al processo di rilancio dello stabilimento con il loro know how. Val la pena ricordare, anche in questa sede, quanto queste imprese abbiano contribuito, negli anni, a portare avanti l’acciaieria anche nei momenti di estrema crisi, e nello specifico proprio negli anni critici dell’amministrazione straordinaria.

Torniamo a sostenere fortemente la necessità di mettere allo stesso tavolo tutti gli attori del territorio: Comune, Provincia, Regione, Associazioni datoriali, sindacati . La necessità è che il confronto avvenga periodicamente e con logiche non più dettate dalla sola emergenza, per poter discutere delle complesse questioni che dovranno essere dipanate affinché si possa dare un futuro alla fabbrica e quindi ai suoi dipendenti, all’indotto e più in generale all’economia del territorio.

Per ultimo, ma non meno importante, torniamo a insistere affinché si apra una stagione di confronto e dialogo con la grande industria: l’auspicio è che Adi possa essere sempre più integrata nel territorio ed allo stesso tempo attenta alle istanze prodotte dalla comunità.

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