
Gli appassionati di calcio vivono un momento particolare. Il mondo del pallone è in una fase di stallo ormai da mesi, con i campionati professionistici e dilettantistici bloccati. Dubbi e timori sono all’ordine del giorno, soprattutto per quanto riguarda gli strascichi economici che quest’ultimo periodo potrebbe lasciare. Il passato, potrebbe però correre in aiuto. Sono molte le realtà che negli anni, per motivi differenti, hanno rischiato la bancarotta e, in alcuni casi, sono stati proprio i tifosi a dare un contributo alle lore squadre, acquisendone delle quote societarie.
In Italia, il primo caso simile è quello dell’Ebolitana, che nel 2004 venne rilevata dal capoultrà Armando Cicalese proprio in seguito alla retrocessione in eccellenza. 5 anni dopo tocca invece all’Ultrattivi Altamura, società interamente gestita da tifosi che è anche riuscita nell’impresa di vincere un campionato di eccellenza. Il caso più eclatante e, soprattutto, quello che finora ha portato i maggiori benefici, è quello del Taranto. Siamo nel 2012 e la squadra, stando ai punti conquistati in quell’annata, guadagnerebbe la promozione diretta in Serie B. A fare la differenza sono invece i 6 punti di penalizzazione assegnati per questioni di natura economica che costringono il Taranto a rimanere in Lega Pro. La società non può permettersi l’iscrizione al prossimo campionato e scivola automaticamente in Serie D, sull’orlo del baratro finanziario. Sarà decisivo l’intervento dei tifosi, in particolare della Fondazione Taras, che grazie all’aiuto di alcuni imprenditori del posto rileva le quote del club salvandolo dal fallimento. Oggi i tifosi gestiscono, economicamente parlando, anche il settore giovanile della squadra, che milita in Serie D.
Nel contesto attuale, la storia del Tarato costituisce un esempio virtuoso. Le parole del Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, come riportato da Poker Stars News, gettano ombre su un'ipotetica ripartenza del calcio nostrano. Una situazione delicata, che potrebbe decretare il fallimento di molti club, già a rischio. In uno scenario simile, il caso del Taranto potrebbe dunque rappresentare un'opzione per queste realtà.
Rimanendo in ambito nazionale, anche Ancona, Arezzo e Modena sono esempi di questo fenomeno, con i tifosi che controllano una piccola percentuale delle società. Lucca e Piacenza, invece, sono state rilanciate proprio grazie all’intervento dei loro sostenitori, che ne hanno comprato i marchi all’asta fallimentare.
In ambito internazionale quello dei tifosi azionisti è un fenomeno che ha radici più lontane e ben più salde. L’FC United, squadra inglese, ne è probabilmente il caso più romantico. La squadra è interamente gestita da tifosi ed è nata con un ideale ben preciso: combattere le logiche economiche del calcio moderno e opporsi all’ascesa dei grandi magnati.
Sempre in Inghilterra il fenomeno si è fatto largo sino alla Championship, seconda divisione del campionato in inglese, dove milita lo Swansea, che in passato è stato stabilmente in Premier partecipando anche all’Europa League. Nel 2001 la squadra gallese era a un passo dal fallimento a causa di una gestione scellerata della proprietà di allora. Furono 600 tifosi a cambiare le sorti dello Swansea, costituendo un consorzio e acquistando quasi il 20% delle quote societarie. A conferma della bontà del progetto ci sono gli inequivocabili risultati sportivi ottenuti dal team, che nel 2012 è riuscito a conquistare la promozione in Premier e, come già accennato, vanta una partecipazione in Europa League. In mezzo (2013), c’è addirittura un trofeo sollevato nel cielo di Wembley, quella Coppa di Lega inglese che mai nella storia era stata vinta da una squadra gallese. Un ricordo indelebile nella memoria dei tifosi dello Swansea, alcuni veri e propri artefici di quello storico trionfo.
Nel calcio, forse più di qualunque altro sport, i sostenitori sono sempre stati un elemento fondamentale, grazie alla spinta che sono in grado di dare dagli spalti. La storia dimostra però che il contributo dei tifosi può spingersi più in là e portare a piccoli e grandi risultati, dentro e fuori dal campo. E, forse, possono anche essere una risorsa preziosa per il futuro che ci attende.
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