MANDURIA - Si è conclusa nel migliore dei modi per una donna manduriana, C.G. di 71 anni, l’odissea che l’ha vista alle prese con l’Inps che pretendeva la restituzione delle somme incassate a titolo di pensione di reversibilità del coniuge (ex militare) deceduto. A conclusione di un tortuoso iter giudiziario, cominciato con un procedimento davanti alla Corte dei Conti di Bari nel lontano 2008, nel quale era stata riconosciuta la irripetibilità della somme giustamente incassate, l’Istituto di previdenza proponeva appello alla procura contabile di Roma per ottenere la restituzione delle somme corrisposte dalla vedova nel periodo dal 2003 al 2008.
La manduriana aveva regolarmente incassato le esigue somme corrisposte dall’Istituto, circa 5.300 euro, in totale buona fede ed utilizzando il denaro nel periodo indicato per i propri bisogni alimentari e familiari e, a distanza di anni, l’INPS ne chiedeva (e otteneva) l’integrale restituzione. La Corte dei Conti romana, accogliendo integralmente la tesi del collegio difensivo di primo e secondo grado, composto dagli avvocati manduriani Roberto D’Amico e Antonio Casto, del foro di Taranto, respingeva l’appello dell’Inps ritenendo irripetibili le somme corrisposte e ordinandone la restituzione in favore della vedova, anche in virtù del principio di affidamento del percettore in buona fede fondato sull’assenza di dolo, e valutando una serie di elementi quali il decorso del tempo dal pagamento della pensione di reversibilità al coniuge superstite. La sentenza di legittimità, quale importante precedente giurisprudenziale, viene naturalmente accolta con massima soddisfazione dalla donna e dai suoi avvocati e apre la strada a tanti cittadini ingiustamente vessati dagli istituti previdenziali.
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