
Ancora una scarcerazione, con il passaggio agli arresti domiciliari, tra i condannati con il rito abbreviato del processo nato dall’inchiesta «Impresa» che ha portato allo scioglimento per mafia del comune di Manduria. Le porte del carcere di Taranto dove era rinchiuso dal 4 luglio 2017 si sono aperte ieri per il manduriano Vito Mazza condannato a quattro anni di reclusione per tentata estorsione ai danni di alcuni imprenditori. Il giudice delle udienze preliminari del tribunale di Lecce, Giovanni Gallo, ha accolto la richiesta dei domiciliari presentata dagli avvocati difensori di Mazza, Franz Pesare e Armando Pasanisi. I legali hanno fatto perno sulla caduta dell’aggravante mafiosa accordata al loro assistito dallo stesso giudice Gallo che ha ridotto sostanzialmente la pena invocata dalla pubblica accusa che aveva chiesto quattordici anni di carcere.
Mazza è stato coinvolto nell’inchiesta dell’antimafia leccese con l’accusa di aver chiesto il pizzo di quindicimila euro ad un imprenditore manduriano del settore metalmeccanico. Secondo l’accusa, il pregiudicato sarebbe stato autore di una lettera ricavata da ritagli di giornali, fatta pervenire alla vittima che avrebbe dovuto versate la somma estorsiva.
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