Sabato, 27 Luglio 2024

Cronaca

Il racconto di un contadini vicine del terreno del pozzo

I ricordi di contrada Mosca: "quella puzza che non dimenticherò mai"

I lavori di apertura del pozzo in contrada Mosca I lavori di apertura del pozzo in contrada Mosca

La scarcerazione di Michele Misseri e il suo attesissimo rientro ad Avetrana che era previsto per oggi, non ha riacceso solo l’interesse nazionale sul delitto che più di tutti ha sconvolto le coscienze e creato divisioni sul suo esito giudiziario. Ma ha ridato vita ad incubi che il tempo sembrava aver cancellato. Ricordi terribili, mai raccontati pubblicamente, che riaffiorano nelle menti, tormentando la coscienza di chi pensava di aver dimenticato. È capitato ad un contadino di Erchie, proprietario di un vigneto in contrada Mosca, quasi confinante con il seminativo del «pozzo di Sarah», quell’angusta e antica cisterna d’acqua che per 42 giorni è stato il sepolcro della quindicenne uccisa il 26 agosto del 2010 dai suoi parenti, la zia Cosima Serrano e la cugina Sabrina Misseri che per questo stanno scontando l’ergastolo. 
«È come se lo sentissi ancora quell’odore di carne putrefatta che non mi ha dato pace quando si poi saputo tutto». L’incubo, per l’anziano lavoratore della terra che non vuole si dica il suo nome, si chiama puzza, si chiama carne putrefatta, quella della povera Sarah che per quasi un mese in quelle giornate calde e in quell’acqua putrida ha lasciato tutto ciò che aveva di umano. Chi lo racconta oggi ne è convinto ancora. 
«Per giorni e giorni, ogni volta che passavo da quel punto – racconta il contadino girando la testa verso il canneto che indica la zona del pozzo che ora non c’è più -, sentivo quel tanfo che pensavo provenisse da un animale morto, forse una pecora o un cane che chissà dove, in qualche parte del campo, stesse marcendo». 
Suggestione? O poteva davvero trattarsi della carcassa di qualche animale? O era davvero il corpo di Sarah? Il contadino che conosce bene gli odori della campagna, è convinto che quello sgradevole olezzo provenisse proprio dal pozzo-sepolcro. «Era forte e a volte, quando tirava vento da quella parte, come oggi, la puzza arrivava sin qui», insiste l’uomo che mentre parla continua a lavorare modellando le piante di vite che dovranno affrontare l’inverno e prepararsi per i nuovi germogli. 
Quel ricordo, che non aveva mai raccontato ad estranei prima d’ora, riapre vecchi tormenti e ingiustificati sensi di colpa. «Come potevo immaginare la causa di quei cattivi odori? E poi – dice - nessuno mai, in quei giorni, è venuto a chiedermi niente». In effetti sino a quella drammatica notte tra il 6 e il sette settembre del 2010, quando zio Michele portò in quella campagna un esercito di carabinieri, magistrati e vigili del fuoco, la contrada Mosca era conosciuta solo ai proprietari di quella terra generosa e del tutto sconosciuta agli investigatori. Quella notte, sotto i fari dei pompieri, i carabinieri sollevarono il grosso tufo che copriva la bocca del pozzo. E la prima cosa che diede conferma al terribile racconto di zio MIchele fu proprio la puzza. Forse la stessa che da quasi 14 anni perseguita l'agricoltore di Erchie. 
Si cominciò così a parlare della contrada Mosca. Ettari ed ettari di fondi pianeggianti, situati tra i territori comunali di Avetrana ed Erchie, con un vecchio rudere che un tempo è stata la dimora della famiglia Misseri. «E lì che è cresciuto Michele con i fratelli e le sorelle», fa sapere il contadino indicando quello che resta dell’antico casolare semi distrutto e quasi mangiato dagli alberi di fico e dalla vegetazione spontanea che hanno avuto ragione di tutto. «Conoscevo Michele Misseri ma non eravamo amici, lo ricordo come una brava persona, molto riservata, avevamo un rapporto di buon vicinato e in quei giorni della scomparsa con lui qui non mi sono mai incontrato», ricorda il testimone che confessa un vezzo che dura da quasi quattordici anni. «Ogni volta che vengo qui – racconta – guardo la foto della povera bambina e le mando un saluto muto». Si riferisce alla colonna di tufi, con una nicchia che contiene l’immagina di Sarah, realizzata une mese dopo la scoperta del corpo da un anziano muratore di Manduria rimasto colpito dalla terribile storia. È l’unico segno rimasto, oggi, per individuare il terreno del pozzo che negli anni ha cambiato morfologia e uso. La distesa di seminativo che confinava con un uliveto di Primitivo, si è trasformata in un unico uliveto con piante giovani refrattarie alla Xylella.  È rimasto invece com’era il vigneto del vicino di zio Michele che quell’odore non dimenticherà mai. 
Nazareno Dinoi su Quotidiano di Puglia

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COMMENTA

1 commento

  • Donato
    mar 13 febbraio 15:38 rispondi a Donato

    Tutti gli italiani sapevano della scomparsa di una ragazza, si cercava dapertutto, costui non sapeva niente, non poteva chiamare le forze dell'ordine.. si poteva arrivare prima alla scoperta del corpo di questa povera ragazza.

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