
Il sottosuolo di Manduria continua a restituire frammenti preziosi della sua storia millenaria. Durante i lavori di scavo per la realizzazione di un’infrastruttura idrica dell’Acquedotto Pugliese in via Celestino Scarciglia, è emersa una tomba a camera di epoca messapica, un ritrovamento raro e di grande rilevanza archeologica.
La sepoltura, purtroppo già depredata dai tombaroli, si distingue per le sue dimensioni considerevoli e per la tipologia costruttiva, riservata – nel periodo messapico – a personalità di alto rango, probabilmente appartenenti all’élite politica o religiosa della comunità. La struttura della tomba, scavata nella roccia e dotata di una camera funeraria, è una delle poche scoperte di questo tipo nel territorio manduriano.
Non è la prima volta che via Scarciglia rivela il suo tesoro nascosto. Proprio circa un anno fa, nello stesso tratto, era stata individuata una piccola necropoli composta da una ventina di tombe, anch’esse riconducibili al periodo messapico. Anche in quel caso, le sepolture risultavano già violate da scavi clandestini e sono state successivamente tombate per consentire la prosecuzione dei lavori pubblici.
Secondo quanto trapela, la sorte dell’attuale tomba a camera potrebbe essere la stessa: dopo una documentazione sommaria da parte degli archeologi incaricati, sarà probabilmente ricoperta e integrata nel progetto esecutivo dell’opera idrica, senza possibilità di valorizzazione né tutela pubblica.
Una dinamica che si ripete ormai con preoccupante regolarità e che solleva interrogativi sull’equilibrio tra sviluppo infrastrutturale e tutela del patrimonio archeologico.
Mentre proseguono i lavori, cresce la delusione tra gli appassionati e i cittadini che da anni chiedono maggiore attenzione e una visione culturale strategica per Manduria, città che, pur sedendo su un patrimonio archeologico straordinario, continua a vederlo scomparire sotto l’asfalto e i cantieri, spesso senza nemmeno un pannello esplicativo o un minimo tentativo di conservazione.
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