Lunedì, 5 Maggio 2025

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Le stranezze e le omissioni del primo interrogatorio di Misseri

Le stranezze e le omissioni del primo interrogatorio di Misseri Le stranezze e le omissioni del primo interrogatorio di Misseri | © n.c.

TARANTO — Tra le molteplici e contraddittorie versioni con le quali Michele Misseri racconta gli eventi di quel tragico pomeriggio in cui fu uccisa Sarah Scazzi, ce n'è una, la prima, di cui non si era mai parlato, che contiene nuovi particolari sull'accaduto.
È il 28 settembre, un mese dopo la scomparsa, lo zio della ragazza viene sottoposto per la prima volta a sommarie informazioni. Nella caserma dei carabinieri di Avetrana, il maresciallo Arnaldo Cocciolo con il brigadiere Biagio Blaiotta, fanno le loro domande e Misseri risponde. Racconta di come il 26 agosto arriva dal lavoro, mangia da solo mentre la moglie e la figlia dormono e scende «nel garage seminterrato per preparare il trattore e ritornare in campagna». In quel resoconto, ancora relativamente fresco, il contadino non fa cenno a guasti del trattore e dimentica di dire di essere stato in banca a versare i due assegni per conto della moglie Cosima Serrano. Ma c'è un aspetto che fa rabbrividire conoscendo il seguito dei fatti: «Quel giorno - si legge nel verbale - mi sono messo alla ricerca di Sarah, andando ad ispezionare un nostro terreno sito in contrada Mosca». Proprio lì dove un mese prima, per sua stessa confessione, aveva nascosto il corpo della nipote gettandolo in un pozzo. Negli investigatori, però, non scattò la molla per chiedersi e chiedere a Misseri: perché proprio lì? Parlando degli attimi immediatamente successivi alla morte della nipote, Misseri si descrive sereno, non fa cenno a guasti al trattore né a malesseri di sorta. «Dopo circa un quarto d'ora - dice - sono uscito in strada ed ho notato mia figlia Sabrina che stava telefonando in compagnia della sua amica Mariangela e della sorellina». Per la cronaca, siamo al momento in cui Sabrina chiama il telefonino della cugina che squilla per 5 o 7 volte prima di spegnersi definitivamente. «Mentre aveva il telefono in mano e stava salendo nell'auto di Mariangela - continua - mi ha detto testualmente: "se arriva Sarah falla aspettare". Dopo di che sono andate via. Dopo un po', mentre stavo ancora pulendo l'auto, Sabrina e le sue amiche sono ritornate e mi hanno chiesto se Sarah fosse ritornata. Gli ho risposto di no». Zio Michè racconta di apprendere della scomparsa dalla figlia e poi dalla moglie che lo chiamano al telefono. Ed è allora che pronuncia quella frase premonitrice: «Quindi mi sono messo alla ricerca di Sarah, andando ad ispezionare un nostro terreno sito in contrada Mosca». Un uomo confuso, pieno di contraddizioni e di tormenti come lo descrivono anche i giudici della Cassazione nelle motivazioni depositate l'altro ieri riferite all'udienza svoltasi lo scorso 17 maggio in cui la suprema corte aveva respinto l'anamento della convalida dell'arresto di Sabrina Misseri. «Il conflitto di lealtà vissuto da un padre diviso tra l'esigenza di proteggere la figlia, presunta omicida e l'urgenza di sollevare la propria coscienza dal peso di un fatto gravissimo cui, comunque, ha preso parte - spiega la Cassazione - è una plausibile, anche se non l'unica spiegazione possibile, delle innegabili contraddizioni che costellano il narrato del Misseri». La «versione» con la quale Michele Misseri ha accusato la figlia Sabrina di aver ucciso la cugina, motivano gli ermellini, «è plausibile» ma non è «l'unica spiegazione possibile».
Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno

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