Venerdì, 19 Aprile 2024

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Dibattito sulla libertà di stampa

Come sta il giornalismo?

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Dal convegno “Giornalismo mestiere difficile e poco protetto, in pace e in guerra”, promosso da Ossigeno per l’informazione per celebrare la 30ma Giornata mondiale per la libertà di stampa, svoltosi l’11 maggio a Roma nell’auditorium della Casa del Jazz è emerso che in Italia nel 2022 le condizioni di salute della libertà di stampa e di  espressione sono peggiorate. Al convegno, valido come corso di formazione, hanno partecipato 150 persone, di cui 120 giornalisti che hanno ricevuto crediti deontologici.

Durante il convegno sono stati resi noti i dati del monitoraggio eseguito da Ossigeno in Collaborazione con l’Unesco, attraverso il Progetto MAP (Monitora Assisti Proteggi). Nel corso del 2022 Ossigeno ha rilevato in Italia intimidazioni, minacce, ritorsioni e censure a danno di 721 giornalisti, blogger, opinionisti e altri operatori dei mezzi di informazione, presi di mira per aver pubblicato notizie non gradite da persone potenti e vendicative. Ossigeno per l’Informazione ha verificato i fatti e ha pubblicato i nomi dei giornalisti che hanno subito questi attacchi; il Rapporto 2022 – reso noto durante il convegno e consultabile su www.ossigeno.info – fa notare che ognuno di questi attacchi è una violazione del diritto di informazione.

A risentire di una pressione intimidatoria così elevata, fa notare Ossigeno, è in primo luogo il giornalismo, nel quale evidentemente “c’è qualcosa che non va”, come ha fatto osservare l’UNESCO. Ma il danno ricade personalmente sui  giornalisti e i sui cittadini. Sui giornalisti minacciati perché le ritorsioni mettono a rischio la loro incolumità e il loro patrimonio. Sui cittadini, perché vengono privati di importanti informazioni, ed è il loro nome e per loro conto che si fa giornalismo e si diffondono le notizie di pubblico interesse.

Perciò, ha fatto osservare il presidente di Ossigeno, dobbiamo cominciare a chiederci a chi e a cosa serve un giornalismo depurato informazioni critiche verso il potere ed è necessario tenere alta l’attenzione sul fenomeno delle minacce ai giornalisti, che sono raddoppiate in un anno mentre nello stesso periodo il numero di coloro che denunciano alle autorità chi li minaccia è notevolmente diminuito.  Di fronte a tutto ciò Ossigeno ritiene che sia necessario creare una più forte rete di protezione e di assistenza per i giornalisti che subiscono minacce e intimidazioni.

GIORNALISTI A RISCHIO – “Il notevole aumento delle minacce agli operatori dei media nel 2022 in Italia (+100% rispetto al 2021) rispecchia un peggioramento del fenomeno”, hanno detto i responsabili dell’Osservatorio sui giornalisti minacciati presentando i dati e le storie più rappresentative del Rapporto 2022 (LEGGI). “Chi pubblica notizie sgradite ai poteri e ai potenti corre sempre più spesso rischi personali, subisce intimidazioni e ritorsioni anche per via legale, con querele e cause per diffamazione infondate con le quali si abusa della giustizia con richieste di risarcimenti che mettono a rischio il patrimonio personale dei giornalisti e l’esistenza dei giornali”, ha sottolineato il presidente di Ossigeno, Alberto Spampinato.

Ha ricordando che anche l’UNESCO, con la campagna promossa in occasione del 3 Maggio (WPFD), ha detto che questo modo di ostacolare la libertà di informazione si sta estendendo ovunque. In Italia da vent’anni il Parlamento prova invano a cambiare le storture della giustizia a danno dei giornalisti. Ma fino a oggi non è stata adottata alcuna delle contromisure che sarebbero necessarie.

Quali? Ossigeno ha presentato da anni alcune proposte che per tutelare il pieno esercizio del diritto di informare e di essere informati, ha ricordato il segretario di Ossigeno, professor Giuseppe Federico Mennella, facendo riferimento ad esempio alla depenalizzazione del reato per diffamazione a mezzo stampa o alla proporzionalità delle multe all’effettiva e concreta condizione economica del giornalista.

“Inoltre – ha aggiunto il presidente di ossigeno – la magistratura dovrebbe applicare sistematicamente una serie di norme deterrenti che sono già presenti nei nostri codici ma vengono applicate raramente. Queste norme, lo mostrno recenti episodi, consentono, ad esempio, di processare per calunnia chi ha scritto false accuse nella querela, o di condannare per abuso del processo chi, con false accuse di diffamazione, fa lavorare i giudici per suo puro tornaconto. Se queste norme fossero applicate con maggiore costanza dai giudici, potrebbero efficacemente scoraggiare il ricorso alle cause promosse contro  giornali e giornalisti senza fondato motivo”.
Altre storie rappresentative sono state richiamate dai giornalisti collaboratori di Ossigeno, Giacomo Bertoni e Laura Turriziani.

CRONISTI UCCISI – Il fronte della giustizia, però, non è l’unico nel campo minato del giornalismo. Lo dicono i dati del Monitoraggio operato da Ossigeno da oltre dieci anni. Lo dicono le storie dei trenta giornalisti italiani che prima di essere uccisi da mafie, terrorismo e guerre hanno subito intimidazioni, aggressioni, forme di delegittimazione, isolamento, hanno dovuto fare i conti col precariato, con la mancanza di protezioni individuali per andare in zone di conflitti. Ai nostri trenta caduti per la libertà di stampa è stato dedicato il convegno che si è arricchito delle testimonianze di alcuni familiari. Presente in auditorium il padre di Andrea Rocchelli, fotoreporter ucciso in Donbass nel 2014.

“L’uccisione di Andy è stato un crimine di guerra. Per questo ci siamo ora rivolti alla Corte internazionale dell’Aja che indaga su tutti i crimini in Ucraina dal 2013 ad oggi. Siamo convinti che si possa arrivare a individuare i colpevoli, come ha cercato di fare la giustizia italiana senza riuscirci, ”, ha detto l’ing. Rino Rocchelli.

In collegamento sono intervenute anche: Sonia Alfano, figlia del professore con la passione per il giornalismo, Beppe, ucciso nel 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina); Milenka Ota, moglie dell’operatore RAI Alessandro Saša Ota, vittima della strage di Mostar nel 1994; Egidia Beretta, madre di Vittorio Arrigoni, attivista e cronista sequestrato e poi ucciso a Gaza nel 2011. Hanno inviato per iscritto la loro testimonianza anche: Davide Palmisano, figlio del cine-operatore RAI Marcello ucciso in Somalia nel 1995; Francesca Andreozzi, nipote del cronista siciliano ucciso nel 1984, Pippo Fava, e presidente della Fondazione a lui dedicata; Cinzia Garolla, compagna di Guido Puletti, attivista e cronista ucciso nel 1993 in Bosnia.

“Per la maggior parte di loro non è stata fatta giustizia”, ha ricordato il presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, Guido D’Ubaldo.

“Non è affatto facile per noi familiari parlarne, ma abbiamo il dovere di farlo, di parlare in quanto testimoni speciali di queste tragedie che hanno indubbi aspetti di interesse pubblico e di attualità”, ha detto il presidente di Ossigeno, fratello di Giovanni Spampinato, giovane cronista ucciso a Ragusa nel 1972.

Ossigeno mantiene viva la memoria di ciascuno dei 30 giornalisti uccisi,. Lo fa in collaborazione con i loro familiari, ha ricordato  Grazia Pia Attolini, curatrice del sito Cercavano la verità giornalistiuccisi.it Questo progetto, ha ricordato, oltre all’obbiettivo di fare sapere ai più giovani chi erano questi uomini e queste donne che hanno perso la vita perché cercavano verità scomode, tiene alta l’attenzione sulle inchieste giudiziarie per trovare i responsabili e offre un’ampia documentazione per scoprire attraverso queste storie  l’importanza del diritto all’informazione e la necessità di tutelarlo più attivamente.

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