
Il sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, è stato posto agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta della Guardia di Finanza che ha portato alla luce un presunto sistema illecito di gestione degli appalti pubblici in cambio di voti. Insieme a lui è finita ai domiciliari anche Lidia De Leonardis, dirigente comunale di 58 anni, residente a Bari.
Il provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Marina Chiddo, su richiesta della Procura della Repubblica, a seguito di un’attività investigativa complessa che ha incluso appostamenti, pedinamenti e numerose intercettazioni telefoniche e ambientali. L’inchiesta, avviata dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Molfetta e coordinata dalla Procura di Trani, ha preso forma dopo gli interrogatori svolti il 2 maggio scorso, durante i quali otto persone erano state ascoltate.
Le misure cautelari, eseguite nella mattinata del 6 giugno nei territori di Molfetta e Bari, hanno riguardato complessivamente sei persone. Oltre ai domiciliari per il sindaco Minervini e per la dirigente De Leonardis, il giudice ha disposto la sospensione per dodici mesi dall’esercizio dei pubblici uffici per i dirigenti comunali Alessandro Binetti e Domenico Satalino. È stato inoltre emesso un divieto di dimora nel Comune di Molfetta per Michele Pizzo, ex luogotenente della Guardia di Finanza, e un divieto per la durata di un anno di contrattare con la pubblica amministrazione per l’imprenditore portuale Vito Leonardo Totorizzo.
Secondo quanto emerso dalle indagini, al centro dell’inchiesta vi sarebbero irregolarità legate all’assegnazione di appalti pubblici in cambio di favori elettorali, con ipotesi di reato che vanno dal peculato alla corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, dalla rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio alla turbativa d’asta, fino alla frode nelle forniture pubbliche, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falsi in atti pubblici.
Nel complesso, l’attività investigativa ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di ventuno persone. Per due di loro, la Procura ha revocato la richiesta di misure cautelari in considerazione della collaborazione offerta durante gli interrogatori. Il giudice, pur riconoscendo la gravità di molte delle accuse, non ha accolto integralmente tutte le richieste della Procura, escludendo alcune fattispecie per le quali non è stata ritenuta sussistente una sufficiente gravità indiziaria.
L’inchiesta, che si trova ancora nella fase delle indagini preliminari, è stata resa nota pubblicamente con l’autorizzazione della Procura di Trani, in applicazione del decreto legislativo n. 188 del 2021, ritenendo sussistente un rilevante interesse pubblico all’informazione e alla tutela della legalità economica.
Gli indagati, come previsto dalla legge, devono ritenersi innocenti fino a eventuale sentenza definitiva di condanna.
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