Sabato, 4 Maggio 2024

Cronaca

Finisce dopo 21 anni l’incubo per i due fratelli Quaranta, atleti del basket al centro di una vicenda giudiziaria molto controversa e dibattuta.

Appello: gli atleti di basket non andavano giudicati

Giustizia Giustizia | © La Voce

Finisce dopo 21 anni l’incubo per i due fratelli Quaranta, atleti del basket al centro di una vicenda giudiziaria molto controversa e dibattuta. La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha riformato la sentenza di primo grado che condannava i due fratelli manduriani, Stefano e Alessandro Quaranta, giocatori di basket, processati per calunnia nei confronti dei due ex presidenti della società sportiva di cui facevano parte, Agostino Dimitri e Angelo Caroli, anche loro di Manduria, arrestati nel 2007 e poi assolti dall’accusa di avere estorto denaro ai due sportivi in cambio dello svincolo del tesserino. La giudice della sezione penale d’appello, Giovanna De Scisciolo, accogliendo la tesi dell’avvocato Franz Pesare che difende i due fratelli Quaranta, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti degli imputati perché il reato si era già estinto per prescrizione prima ancora della pronuncia della sentenza di primo grado. Condanna anata dunque e cancellate anche le sanzioni che in sede di giudizio civile avrebbero riconosciuto ai due dirigenti il risarcimento danni per l’ingiusta accusa e la conseguente detenzione. L’avvocato Pesare all’epoca del dibattimento del processo di primo grado, aveva fatto notare l’avvenuto superamento dei limiti per la prescrizione ma le sue eccezioni non furono ascoltate.

Si chiude così una vicenda che ventuno anni fa, con l’arresto dei due professionisti molto conosciuti negli ambienti del basket, sconvolse il mondo sportivo agonistico e scoperchiò un sistema con molte ombre della gestione delle «proprietà» degli atleti da parte delle società di appartenenza.

I due fratelli Quaranta, promettenti cestisti con buone prospettive di crescita, avevano accusato il presidente e il consigliere della società di avergli estorto denaro, quattromila euro, in cambio dello svincolo del tesserino che era stato richiesto da altre formazioni. Secondo il pubblico ministero che chiese ed ottenne l’arresto dei due dirigenti, il sostituto procuratore Remo Epifani, la consegna del tesserino non doveva comportare esborsi da parte dei giocatori. Dopo tre anni, il gup Anna De Simone decise invece l’assoluzione dei due dirigenti «perché il fatto non sussiste» e decretò l’imputazione coatta dei loro accusatori, i due fratelli Quaranta appunto. Fondamentale fu, in quel processo, la dichiarazione del presidente federale della Federazione italiana pallacanestro, Roberto Alabisio, il quale spiegò che non esiste nessuna norma che vieti il passaggio di denaro, tra atleti e società, in occasione dello svincolo dei tesserini e che vale anzi una prassi consolidata che consente alle società di chiedere un rimborso compensativo ai propri tesserati che vogliono riscattarsi.

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