Martedì, 20 Maggio 2025

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Assolto il presunto orso che picchiava la sua compagna

Assolto il presunto orso che picchiava la sua compagna Assolto il presunto orso che picchiava la sua compagna | © n.c.

MANDURIA - Un manduriano di 48 anni, C.A., è stato processato e assolto dalla Corte di appello di Taranto, sezione distaccata di Lecce, dall’accusa di sequestro di persona e percosse per la quale era stato denunciato a piede libero e condannato in primo grado alla pena di due anni e due mesi di reclusione.

Per tre anni l’uomo era stato descritto e trattato come un uomo violento che abusava sessualmente della sua ex compagna. A convincere la corte ad assolverlo, è stata l’abitudine della donna a collegarsi ad internet, nel periodo delle presunte violenze, e a utilizzare i social network senza approfittare della circostanza per chiedere aiuto. Tesi, questa, sostenuta dall’avvocato difensore dell’uomo, il penalista Roberto D’Amico che ha convinto anche i giudici. Il procuratore generale aveva invece chiesto la conferma della condanna del primo giudizio.

I fatti risalgono al 2012. La donna, anche lei manduriana, che all’epoca aveva 26 anni, denunciò di essere stata costretta a stare nell’abitazione dell’imputato per diversi giorni, lamentando lesioni personali e maltrattamenti. Nel corso del procedimento si è scoperto che i due avevano avuto una relazione sin da ragazzi, poi lei si era fidanzata con un altro uomo da cui aveva avuto anche una figlia. Nonostante questo, la ventiseienne non aveva mai smesso di mantenere rapporti con il suo ex sino a quando, nel 2012, non si è ritrovata nella sua abitazione. A «liberarla», dopo alcuni giorni di presenza forzata nell’appartamento del «bruto», questa almeno è stata la tesi sostenuta dall’accusa, era stato il convivente che aveva chiamato i carabinieri. I militari della compagnia di Manduria intervennero nella casa mettendo fine alle presunte violenze. L’indagato non è stato mai sottoposto a misura cautelare ma solo denunciato.

La linea difensiva portata avanti dall’avvocato D’Amico, è stata quella di dimostrare che non vi era stata mai alcuna privazione della libertà fisica della signora, intesa quale libertà di lasciare l’abitazione dell’imputato per tornarsene a casa, avendo avuto sempre la possibilità di utilizzare il proprio cellulare e il computer con connessione internet.

Nazareno Dinoi

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