Giovedì, 25 Aprile 2024

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Quando la finirete di uccidere con le parole?

Quando la finirete di uccidere con le parole? Quando la finirete di uccidere con le parole? | © n.c.

Una ragazza ha cercato di uccidersi. Ha preso e si è buttata dal secondo piano. No, non è morta. Ma la botta che ha preso ha rischiato di prenderle la spina dorsale. Per poco non le succedeva qualcosa di forse peggiore della morte: la condanna a restare tutta la vita immobile e senza poter comunicare con gli altri normalmente. “Adesso sarete contenti”, ha scritto. Parlava ai suoi compagni. Allora io adesso vi dico una cosa. E sarò un po’ dura, vi avverto. Ma c’ho ‘sta cosa dentro ed è difficile lasciarla lì.

Quando la finirete? Quando finirete di mettervi in due, in tre, in cinque, in dieci contro uno? Quando finirete di far finta che le parole non siano importanti, che siano “solo parole”, che non abbiano conseguenze, e poi di mettervi lì a scrivere quei messaggi – li ho letti, sì, i messaggi che siete capaci di scrivere – tutte le vostre “troia di merda”, i vostri “figlio di puttana”, i vostri “devi morire”.

Quando la finirete di dire, “Ma sì, io scherzavo”, dopo essere stati capaci di scrivere “non meriti di esistere”? Quando la finirete di ridere, e di ridere così forte, quando passa la ragazza grassa, quando la finirete di indicare col dito il ragazzo “che ha il professore di sostegno”, quando la finirete di dividere il mondo in fighi e sfigati? Che cosa deve ancora succedere, perché la finiate? Che cosa aspettate? Che tocchi al vostro compagno, alla vostra amica, a vostra sorella, a voi?

E poi voi. Voi genitori, sì. Voi che i vostri figli sono quelli capaci di scrivere certi messaggi. O quelli che ridono così forte. Quando la finirete di chiudere un occhio? Quando la finirete di dire “Ma sì, ragazzate”? Quando la finirete di non avere idea di che diavolo ci fanno 8 ore al giorno i vostri figli con quel telefono? Quando la finirete di non leggere neanche le note e le comunicazioni che scriviamo sul libretto personale? Quando la finirete di venire da noi insegnanti una volta l’anno (se va bene)? Quando inizierete a spiegare ai vostri figli che la diversità non è una malattia, o un fatto da deridere, quando inizierete a non essere voi i primi a farlo, perché da sempre non sono le parole ma gli esempi, gli insegnamenti migliori? Perché quando una ragazzina di dodici anni prova a buttarsi di sotto, non è solo una ragazzina di dodici anni che lo sta facendo: siamo tutti noi. E se una ragazzina di quell’età decide di buttarsi, non lo sta facendo da sola: una piccola spinta arriva da tutti quelli che erano lì non hanno visto, non hanno fatto, non hanno detto. E tutti noi, proprio tutti, siamo quelli che quando succedono cose come questa devono vedere, fare, dire. Anzi urlare. Una parola, una sola, che è: “Basta”.

Carla Calandra

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3 commenti

  • FDB
    mar 11 febbraio 2020 03:09 rispondi a FDB

    Brava prof. Però la prossima volta che legge certe frasi potrebbe attenzionare il dirigente scolastico e le forze dell'ordine, considerato che i campanelli ai genitori sono ignorati ?

  • lorenzo
    mar 11 febbraio 2020 07:59 rispondi a lorenzo

    Purtroppo é la indole della maggior parte degli italiani. Forti con i deboli e striscianti con chi ha potere. Dal medioevo che siamo così e dal medioevo che pensiamo di essere un popolo e non lo siamo. Ma con la lingua lunga pensiamo di conquistare il mondo e ci sentiamo forti, molto forti con i deboli. Il sig. Stano insegna.

  • Senza cuore
    mar 11 febbraio 2020 07:43 rispondi a Senza cuore

    Parliamo di chi non ha né testa né cuore. Figli e genitori che non sono in grado di intendere. Non si tratta di persone e neanche di animali, ma solo di bestie.

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