Udienza del processo “ambiente Svenduto”, quella di ieri, dedicata alla difesa del manduriano Giuseppe Dinoi, il caporeparto dell’ex Ilva, ora ArcelorMittal, accusato di aver omesso i controlli della gru che il 28 novembre del 2012, durante una tempesta di vento, precipitò in mare causando la morte di un operaio che rimase incastrano nella cabina. I suoi difensori, Franz Pesare e Armando Pasanisi, hanno discusso oltre un’ora per dimostrare l’innocenza del proprio assistito.
I due penalisti hanno puntato soprattutto sul mancato potere decisionale dell’ingegnere in tema di esercizio delle gru, di prevenzione degli infortuni e altre norme legate alla sicurezza. Dimostrando l’assoluto rispetto di tutte le pratiche operative in vigore all’epoca del fatto, i difensori hanno evidenziato come il tornado che provocò il crollo della gru fu un evento eccezionale non prevedibile e di una forza tale che anche con l’inserimento di strumenti di blocco l’evento si sarebbe verificato ugualmente. In ogni caso, hanno insistito i difensori, l’imputato era responsabile per i carichi e scarichi sulle navi e non aveva mansioni di controllo, manutenzione o formazione.
Al termine della loro discussione i due difensori hanno chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste o in alternativa l’applicazione del minimo della pena per il riconoscimento delle attenuanti generiche. La pubblica accusa ha chiesto 3 anni e nove mesi di reclusione.
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1 commento
Marco
sab 13 marzo 2021 05:52 rispondi a MarcoEra meglio se faceva l assenteista, come molti dipendenti pubblici quel povero Cristo che è morto RIP