
Sono molti i lati oscuri sulla morte dei Michele Dinoi il diciottenne manduriano finito in un giro di cattive amicizie e di droga trovato in fin di vita la sera del 27 dicembre del 2017 e morto tre mesi dopo in ospedale senza aver mai ripreso conoscenza. Il mistero più grande è quello della dinamica della causa della morte: asfissia da strangolamento con la testa infilata tra le sbarre del parapetto della veranda di casa.
Per la magistratura che ha archiviato il caso si è trattato di una caduta accidentale o di un malore. Per i familiari che contestano la chiusura del caso senza responsabili, la testa non sarebbe mai potuta entrare da sola in quegli spazi della ringhiera, ma a farlo sarebbe stato qualcuno durante una colluttazione. Un’aggressione improvvisa, inaspettata e durata pochi minuti, quattro per la precisione, tempi certi, questi, stabiliti dall’ultima telefonata che la vittima ha ricevuto da un suo amico e vicino di casa che lo doveva raggiungere e che è stato il primo a trovarlo in quella stranissima posizione con la testa infilata nell’inferriata. Ecco il drammatico racconto nella trascrizione del suo interrogatorio fatta dai carabinieri di Manduria il giorno dopo l’accaduto.
«Poiché abbiamo l’abitudine di vederci ogni sera, ieri sera verso le 23 l’ho contattato telefonicamente e, poiché dovevamo vederci, mi riferiva che si trovava a casa sua, precisamente nella veranda esterna e mi chiedeva di raggiungerlo lì». Il suo amico che si trovava nella villa comunale si congedò dalla fidanzata e s’incamminò per raggiungere Michele. Ed ecco i tempi scanditi dalle telefonate entro cui in quella verandina è successo qualcosa. «Lasciavo la mia ragazza in villa – racconta l’amico - e, a piedi, mi incamminavo verso casa. Durante il tragitto, alle ore 23,12 ho ricontattato telefonicamente Michele dicendogli che stavo per raggiungerlo e lui mi diceva che mi stava aspettando fuori nella veranda. Arrivato nelle vicinanze di casa, a circa cento metri di distanza, alle ore 23,16, l’ho richiamato senza però ricevere alcuna risposta». Michele era già privo di sensi e morente in quella strana posizione in cui è stato trovato subito dopo. Prosegue il racconto. «Sono arrivato sotto casa sua e con stupore ho visto che Michele giaceva per terra all’interno della veranda, disteso in avanti con la testa infilato tra la ringhiera e privo di sensi». Ho cercato di chiamarlo e di scuoterlo ma egli non rispondeva e non dava alcun segno di vita». Il testimone riferirà ai carabinieri che «nelle due chiamate in cui Michele mi ha risposto ho avuto modo di constatare che egli era sereno».
Cosa sia successo in quei quattro minuti di apparente serenità se lo chiedono i familiari e se lo son chiesto per tre anni i carabinieri che hanno indagato senza trovare niente che provasse la responsabilità per quell’assurda morte ma riuscendo, grazie alle intercettazioni dei sospettati, a scoprire un traffico di droga individuando 9 indagati, quasi tutti giovanissimi.
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1 commento
Che mondo
lun 15 febbraio 2021 07:50 rispondi a Che mondoBisognerebbe fare i nomi di questi giovanissimi indagati ...