
«La cornice criminale e il locale contesto ambientale, con particolare riguardo ai rapporti tra gli amministratori e le locali organizzazioni criminali hanno evidenziato come l’uso distorto della cosa pubblica si è concretizzato, nel tempo, nel favorire soggetti o imprese collegate, direttamente o indirettamente ad ambienti malavitosi, per l’esistenza di una fitta e intricata rete di cointeressenze, amicizie e frequentazioni che lega esponenti delle locali consorterie criminali a soggetti ad esse contigui agli amministratori locali alcuni dei quali, peraltro, gravati da pregiudizi penali o di polizia».
Questa è stata la sua amministrazione, caro Roberto Massafra. Ad affermarlo, questa volta, non è il solito “giornalaio rancoroso che vuole il male di questa città”, né l’ultimo sprovveduto commentatore, magari invidioso e disinformato. Lo hanno detto e scritto i tre componenti della commissione d’accesso antimafia, nell’ordine il vice prefetto di Taranto Maria Luisa Ruocco, il vice questore aggiunto della Questura di Taranto, Carlo Pagano e il funzionario del Provveditorato Interregionale per le opere pubbliche per la Campania, Molise, Puglia e Basilicata, Maurizio Di Monte. Poi lo ha confermato il prefetto di Taranto, Donato Carfagna, sentendosi con il procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Leonardo Leone De Castris, il procuratore capo della Repubblica di Taranto, Carlo Maria Corrado Capristo e con i comandanti delle varie forze di polizia del territorio, Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Capitaneria di Porto; infine lo ha detto il ministro dell’Interno, Marco Minniti che ha “convinto” il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Insomma, le massime cariche dello Stato e del governo e della giustizia e delle forze dell’ordine del nostro territorio, hanno deciso che la sua amministrazione meritava di essere sciolta perché faceva male alle istituzioni democratiche, per usare un termine cortese.
Stiamo parlando proprio di quella amministrazione che lei ha voluto, invece, mantenere in vita sino alla fine, esasperando tutti, con un mercimonio di consensi e di alzate di mano che hanno toccato il fondo della politica e della decenza. Cambiando assessori e consiglieri sino a non averne più a disposizione avendoli girati tutti (con grossissime colpe anche loro). Accontentandosi e accettando di tutto, bendandosi gli occhi (non solo metaforicamente), non vedendo cose che stanno venendo fuori ora dalle carte del ministro e dal lavoro degli investigatori dell’antimafia di Lecce.
Lei che si è sempre autocelebrato come rappresentante della “Manduria del bene” che combatteva la “Manduria del male”, nella fattispecie quelli come il sottoscritto, quei “compagni, nostalgici maoisti”, se le ricorda queste sue parole? Quelli da denunciare, da punire, da far perdere il posto di lavoro. Si ricorda, vero? Ecco cosa ci ha regalato la sua “Manduria del bene”, un disonore che resterà per sempre nella storia della città.
Nazareno Dinoi
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