
Chissà cosa avrebbe detto Elisa Springer dopo aver letto le scritte antisemita ed offensive, apparse sui muri della sua città adottiva, Manduria (Taranto).
A scrivere sui muri solitamente sono i giovani. Le loro scritte possono essere poesia pura o pura cattiveria. Perché i giovani, si sa, non hanno vie di mezzo. Ed è proprio per questo che sono terreno fertile per la conoscenza. Perché è sul foglio bianco di quella via di mezzo che si sedimentano o meno coscienza e cultura. Sta agli adulti insegnar loro la strada. Allora, a quelle scritte, io voglio rispondere con le parole della stessa Springer, dandole voce attraverso l’incipit del suo libro “Il silenzio dei vivi”. Un titolo che già da solo dovrebbe servire a riflettere.
«Oggi più che mai, è necessario che i giovani sappiano, capiscano e comprendano: è l’unico modo per sperare che quell’indicibile orrore non si ripeta, è l’unico modo per farci uscire dall’oscurità.
E allora, se la mia testimonianza, il mio racconto di sopravvissuta ai campi di sterminio, la mia presenza nel cuore di chi comprende la pietà, serve a far crescere comprensione e amore, anch’io allora, potrò pensare che, nella vita, tutto ciò che è stato assurdo e tremendo, potrà essere servito come riscatto per il sacrificio di tanti innocenti, amore e consolazione verso chi è solo, sarà servito per costruire un mondo migliore senza odio, né barriere. Un mondo in cui, uomini liberi, capaci e non schiavi della propria intolleranza, abbattendo i confini del proprio egoismo avranno restituito, alla vita e a tutti gli altri uomini, il significato della parola Libertà. Oggi ho compreso che Dio mi ha concesso di liberarmi dalla prigionia del passato, attraverso le pagine di questo libro».
Un messaggio d’amore, quello della Springer, che va ben oltre l’olocausto di 80 anni fa, perché diventa memoria proiettata al futuro, affinché si comprenda che quella che Hannah Arendt definì “la banalità del male”, è sempre pronta ad insinuarsi nella mente e nella cultura di una intera popolazione. Ogni eccidio, ogni forma di razzismo, ogni discrimine nei confronti di chi consideriamo diverso da noi è una forma di “olocausto”, in quanto ci allontanano da ciò che le atrocità del passato ci hanno insegnato, consegnandoci ad un futuro che ci costringerà a chiedere nuovamente perdono per ciò che è accaduto.
On. Ludovico Vico
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