Ma davvero Manduria ha bisogno di una simil-tardo-adolescenziale competizione a chi ce l’ha più grosso (l’evento)? Siamo sicuri che fare cultura e promuovere talenti sia solo una questione di organizzazione di, talvolta maldestri, spettacoli sensazionalistici pensati per stupire e “far babbare” la gente come di fronte ai fuochi d’artificio di una qualsiasi sagra di paese? Oppure spacciare come “eventi culturali” delle misere piazzate organizzate, ovviamente con soldi pubblici, con l’unico scopo di aumentare i consensi elettorali dell’assessore e del suo staff di turno?
Le sorti ed il futuro culturale del nostro territorio possono davvero dipendere da contrapposizioni personali e politiche che, in nome di presunte autoproclamate superiorità intellettuali, non fanno altro che dimostrare la deprimente pochezza degli attori in gioco?
Sia chiaro, così sgombriamo subito il capo da inutili obiezioni: in un contesto arido e vuoto come quello manduriano, due eventi qualsiasi sono meglio di nessun evento. Non vi è alcun dubbio su questo, ma la questione è sostanzialmente un’altra: cosa servirebbe davvero a Manduria per risollevarsi (o sollevarsi per la prima volta, forse, e staccarsi dalle solite logiche politico-clientelistiche) da un punto di vista culturale, artistico e sociale? Perché, se sull’arretratezza e sul degrado manduriano vi è quasi unanimità (fatta eccezione per i soliti “amici degli amici”, che sembrano sguazzare a meraviglia in questo stagno maleodorante), sembra non esserci alcuna proposta o alcuno spunto valido che vada nella direzione di una svolta radicale rispetto alla atavica e sterile immobilità manduriana. Quindi, cosa servirebbe davvero a Manduria?
La risposta alla domanda è semplice: ciò che Manduria non ha mai avuto: un contenitore fisico, libero, aperto a tutti dove per tutto l’anno possano trovare spazio e opportunità tutte le istanze artistiche, culturali e sociali che il territorio manduriano senta di avanzare. Un laboratorio, o chiamiamolo come ci pare, dove fisicamente si progetti e si possa mettere in scena tutto ciò che ribolle intorno a noi. Quindi, in ordine sparso, uno spazio che offra proiezioni cinematografiche, opportunità di concerti, di teatro, di socialità vera, di confronto/incontro culturale, dove chiunque sia sicuro di poter trovare un modo per esprimersi vero, reale e tangibile. E che sia uno spazio fisico sempre aperto e disponibile per tutti, senza alcuna distinzione e soprattutto libero da condizionamenti, veti politici e/o personali.
La “scoperta dell’acqua calda” si dirà, ma in una città dove l’acqua sembra essere sempre gelata sarebbe una svolta epocale. La cultura non si possiede a priori e non se ne ha l’esclusiva, la cultura si costruisce in modi diversi, più faticosi e spesso meno appariscenti rispetto ad improbabili pupazzate estemporanee improvvisate che alla fine ottengono solo il risultato di strumentalizzare ed usare per i propri scopi, narcisitici o di consenso, i “talenti manduriani” che dovrebbero solo avere il diritto e il potere di sviluppare autonomamente le proprie capacità e le proprie opere. Intanto che non si inizierà a parlare seriamente di intraprendere un percorso in questo senso, Manduria rimarrà sempre la terra dei “senza filaru” in balia di chi ce l’ha più grosso (l’evento).
Gabrio Distratis
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1 commento
Egidio Pertoso
ven 24 giugno 2022 11:11 rispondi a Egidio PertosoDopo il populismo, dopo il reddito, dopo la "scultura ", come gli antichi romani, anche oggi alla plebe si offre " panem et circensis".Un modo per i "benesseriani" del 21° secolo a far intendere loro che và tutto bene, anche se del doman non c'è certezza.