
Era prevista questa mattina la consegna della fascia tricolore manduriana in Prefettura a Taranto. A compiere il gesto simbolico per il comune messapico è stato il vicesindaco Andrea Mariggiò, che ha sostituito il sindaco Gregorio Pecoraro, impegnato fuori sede. Per il sindaco «il ruolo delle istituzioni locali è fondamentale per scelte importanti che riguardano la salute e l'ambiente». Intanto Mariggiò specifica che «l’intento è quello di fare fronte comune con tutti i sindaci della provincia» rispetto ad una questione di metodo: «Qualsiasi decisione che riguardi un’azienda di tale impatto e di ordine economico e di ordine ambientale deve essere ampiamente concordata con le istituzioni locali» sostiene il vicesindaco, che non entra nel merito dei termini dell’accordo in essere tra governo e Mittal, in questo momento secondario rispetto appunto alla questione finalizzata ad includere le istituzioni locali nel tavolo della trattativa.
Tuttavia, la firma sull’accordo è attesa a momenti: scade oggi infatti il termine ultimo per finalizzare l’intesa, già varata lo scorso 30 novembre. Soluzione che consentirebbe allo Stato italiano di entrare nella proprietà dello stabilimento siderurgico tarantino.
Se nella giornata di ieri sembrava ci fosse assoluta coesione tra i sindaci della provincia rispetto ad un gesto tanto simbolico quanto potenzialmente inutile, il comunicato stampa congiunto di stasera dei sindaci di Sava, Avetrana, Pulsano, Palagianello e Monteiasi spacca un fronte che sembrava coeso intorno al monito del presidente della Provincia di Taranto, Giovanni Gugliotti, e del primo cittadino tarantino, Rinaldo Melucci. La ratio che ha mosso la mobilitazione resta però condivisa da tutti: si rivendica un ruolo attivo nella trattativa che comprende lo stabilimento siderurgico di Taranto.
I sindaci "dissidenti": «Se il governo continuerà a snobbarci, questa volta il killer avrà un nome»
I sindaci Iaia, Minò, Lupoli, Ciura e Borracci non hanno consegnato nelle giornate di ieri e oggi la fascia tricolore: «Pur comprendendo e condividendo l’immensa delusione e il senso di impotenza dei nostri omologhi sindaci, non abbiamo consegnato e non consegneremo le fasce non per uno spasmodico attaccamento ad esse – si apprende dal comunicato - ma perché a tale gesto, nell’ottica della coerenza e della serietà istituzionale, dovrebbero seguire le dimissioni che, pur non spaventandoci, non risolverebbero assolutamente l’annosa questione ex Ilva, anzi probabilmente, quelle già flebile voci a rappresentanza del nostro territorio, sparirebbero del tutto». Il problema quindi è tutto lì: quanto possano le intenzioni dei sindaci – per quanto lodevoli – influenzare l’esito di una partita che sembra già scritta. «Riteniamo – continua il comunicato - che questo gesto eclatante, legittimo per carità, in questo caso non produca alcun effetto perché la decisione è presa e, soprattutto, contribuisce ad alimentare equivoci ed acuire le paure dei cittadini e dei lavoratori» sostengono i sindaci. «Ciò che oggi deve vederci seriamente impegnati, se vogliamo essere credibili, deve essere lo sforzo teso ad ottenere il cronoprogramma che si intende mettere in campo in merito agli investimenti in materia ambientale e di produttività» continuano nel comunicato che conclude con una durissima presa di posizione: «Di una cosa siamo certi però: qualsiasi insediamento produttivo se è avulso dal tessuto sociale in cui si colloca è destinato a fallire. Continuare a decidere su Taranto senza Taranto porterà tra pochi pochissimi anni alla morte economica e sociale della nostra provincia e se il governo continuerà a snobbarci, questa volta il killer avrà un nome».
L’accordo in pillole
L’accordo di fatto stipulato lo scorso 30 novembre, dovrebbe essere concluso nella serata di oggi: lo Stato, attraverso Invitalia, entrerà nel capitale della società dell’acciaio ArcelorMittal Italia per il 50% a salire, fino a raggiungere il 60% entro il 2022. Non si conoscono dettagli ulteriori, in relazione al fattore occupazione, a quello produttivo (anche se ci sono alcune ipotesi) e soprattutto quello ambientale dello stabilimento. Al momento sono disponibili solo alcune stime.
Il Comune di Taranto – in piena condivisione con le istituzioni locali provinciali - contesta l'accordo in arrivo sia perché le istituzioni del territorio non sono state coinvolte nella discussione, sia perché l'intesa - che punta al 2025 a 8 milioni di tonnellate di produzione di acciaio - non offre, secondo loro, garanzie di risanamento ambientale.
Inoltre, il "fronte locale" punta ad approfondire due alternative all’accordo in procinto di essere concluso in queste ore: una comporta la decarbonizzazione completa della produzione dell’acciaio nello stabilimento, prevedendo così l’incremento di forni elettrici senza altiforni tradizionali, l'altra la chiusura dell'area a caldo, con la sola lavorazione di bramme di acciaio e lamiere. Sebbene comunque le ipotesi alternative di fatto offrirebbero maggiori garanzie ambientali, il fattore occupazionale meriterebbe in ogni caso un discorso a sé stante: la decarbonizzazione completa con i forni elettrici prevederebbe infatti 4.200 esuberi, la chiusura dell'area a caldo, invece, 4.600.
La speranza delle istituzioni locali è che la partita non si sia già giocata, rendendo vani tutti i discorsi. Il termine per la conclusione dell’accordo Invitalia Mittal scade proprio oggi 10 dicembre.
Nella giornata di ieri, consegna della fascia tricolore del sindaco di Maruggio
Nella giornata di ieri, il sindaco di Maruggio, Alfredo Longo, ha subito consegnato la fascia tricolore condividendo l’invito del presidente della provincia di Taranto, Giovanni Gugliotti, e dello stesso primo cittadino tarantino, Rinaldo Melucci. Per il medico maruggese si tratta di un atto dovuto: «Rivendichiamo una parte attiva nel tavolo della trattativa con il governo» esordisce Longo «L’accordo che sta per essere sottoscritto non garantisce al territorio l’opportuna tutela ambientale e l’alternativa proposta tutelerebbe invece sia il fattore ambientale che quello occupazionale. Se non ci fanno intervenire – continua il sindaco di Maruggio – non si può nemmeno proporre un’ipotesi alternativa, che comunque ha un costo. Ma solo in questo momento il governo può intervenire in maniera impattante, anche grazie al Recovery Fund. Inoltre, abbiamo chiesto un coinvolgimento del sottosegretario Mario Turco e dei parlamentari del territorio» conclude il sindaco di Maruggio.
Gianpiero D’amicis
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