Se il nominato Dario Stefano si è salvato, lo deve esclusivamente al paracadute che il suo partito gli ha comodamente allacciato con la candidatura garantita. Di sicuro il buon Dario non deve molto, anzi davvero poco, ai suoi cerimonieri manduriani che gli hanno portato solo briciole. E qui il mea culpa lo deve fare soprattutto Tullio Mancino, il “grande elettore dell’amico Stefàno”, che in questo finale elettorale in chiave manduriana è stato colui che ha perso più di tutti pagando, oltre modo, un avvicinamento al Partito comunista che il suo elettorato, forse, non gli ha perdonato. E chissà se questa sua mossa non gli farà pagare pegno nelle future amministrative locali, ma questa è un’altra storia.
Nei risultati ottenuti a Manduria dal Pd e da Stefàno è contenuto tutto il flop del “giovane vecchio" della politica (Tullio mi perdonerà l’ironia). Analizziamo i dati. Quindi, il Pd alla Camera, qui a Manduria, ha ottenuto 1.788 voti e sono quelli dei fedelissimi renziani, pochi anche loro ormai. Al Senato lo stesso partito ne ha raccolti 2.224, vale a dire 443 in più che sarebbero quelli personali che si è portati dietro il senatore salentino. Si potrebbe credere che sia stato questo il “pacchetto” di voti regalatogli da Tullio, ma non è così, altrimenti dovremmo pensare che tutti gli elettori che affollavano la grande sala ricevimenti della Reggia Domizia abbiano bluffato. Molti sicuramente lo avranno fatto, ma non tutti. Ma c’è un altro aspetto che a mio avviso scopre più di tutti i giochi fatti male di Mancino. E’ stato lui a dire che il Pd non era il suo partito ma che avrebbe appoggiato l’amico Dario Stefano come un fatto personale ventilando l’idea che avrebbe favorito altri candidati della stessa coalizione. Tanto è vero che in molti hanno creduto che avrebbe votato e fatto votare l’alleata Anna Mariggiò, candidata dei Verdi che fanno parte di “Manduria Lab”, tanto il voto sarebbe poi andato alla coalizione e quindi al suo amico capolista Stefàno. Ma anche volendo credere a questa possibilità, i conti ancora non tornano perché la lista rappresentata dalla “povera” Mariggiò ha preso solo 232 voti che sarebbero, poi, quelli di “famiglia” (eredità del fratello Gregorio e del movimento ambientalista storico). E quelli dell’amico Tullio e del cartello progressista di Manduria Lab? Dove sono andati a finire? Non si può neanche dire che il “cerimoniere” abbia votato solo il suo candidato perché a Manduria, Stefano, ha ottenuto solo 177 voti secchi cioè di elettori che hanno messo la ics solo sul suo nome senza crociare altri simboli della coalizione. E allora? Delle due l’una: o Tullio Mancino ha giocato con tutti, oppure più di tanto non ha potuto fare.
Nazareno Dinoi
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