Come per Antonio Cosimo Stano di Manduria, anche nella vicina Sava il caso del sessantunenne con disabilità psichiche e sociali che chiameremo Giovanni, vessato e minacciato dal branco (venti quelli individuati, dodici maggiorenni e otto minori, finiti chi in carcere chi ai domiciliari o in comunità), il silenzio dei vicini e delle istituzioni in genere hanno avuto la loro parte di responsabilità. Gli unici ad occuparsi di lui, tra l’altro per un caso fortuito come l’incendio accidentale della casa dove viveva Giovanni, sono stati i carabinieri che per la prima volta hanno fatto luce su quella vita buia che la vittima stessa definirà essere «un vero tormento». Non hanno invece parlato, quando potevano, gli abitanti di quella strada dove quotidianamente, per più volte al giorno e per anni, gruppi di ragazzi, minori e maggiorenni e qualche adulto, si recavano al domicilio del pensionato per ritirare con le minacce il pizzo come un bancomat. I vicini hanno parlato, ma solo dopo che i carabinieri li hanno convocati per l’attività investigativa che avevano in corso e che li aveva già portati sulle tracce dei «bad boys», i ragazzi del male, come è stata poi intitolata l’inchiesta sfociata con gli arresti dell’altro ieri.
Dai loro racconti, evidentemente mai fatti nelle sedi opportune, è venuta poi fuori quella che i carabinieri della stazione di Sava definiscono nei loro rapporti come «una proficua attività di riscontro delle popolazioni della persona offesa».
Dagli atti dell’inchiesta si scopre quindi che «le quotidiane vessazioni subite da giovani che, singolarmente o in gruppo, si recavano presso la sua abitazione, chiedendogli insistentemente somme di denaro, trovano riscontro nelle testimonianze di alcuni vicini di casa della vittima». Sono cinque, in particolare, quelli che parlano e che confermano i tormenti di Giovanni. «Gli autori delle condotte vessatoria – dirà uno di loro –, erano una ventina di ragazzi, anche minorenni, o persone adulte che agivano da soli o in gruppetti, quasi sempre nel pomeriggio, alcuni più abitudinari di altri». Un altro racconta. «Questi individui formulavano richieste di denaro, di solito ammontanti a cinque euro, per comprare panini o sigarette; il viavai era quasi giornaliero». E ancora. «Il più delle volte li accontentava, ma quando riferiva di non avere denaro, veniva aggredito da quelle persone che si adiravano contro di lui, urlando e rivolgendogli insulti; erano molto invadenti e si raccomandavano di racimolare i soldi entro il giorno successivo». A nessuno sfuggiva niente. «Talvolta i delinquenti – spiega un altro dei vicini –, bussavano molto forte alla porta della sua abitazione oppure tiravano calci con forza tale da essere sentiti dal vicinato». Tutti testimoni silenziosi, ma bene informati su tutto e da molto tempo. «In paese – dichiara un altro dei vicini ai carabinieri -, si era diffusa la voce che elargisse con facilità piccole somme di denaro; Giovanni era una persona dal carattere debole, indifesa che viveva da solo, in condizioni di degrado». In un solo caso, riportano sempre i verbali, i residenti di quella via aiutarono Giovanni a chiamare i carabinieri. L’episodio risale a cinque anni fa, ricorda uno dei vicini, quando i bulli ruppero tutti i vetri della casa di Giovanni.
Intanto, ora che la vicenda è diventata finalmente pubblica, sarà la giustizia a fare il suo giusto corso. Per oggi sono previsti gli interrogatori di garanzia per gli adulti e i minori in carcere o ai domiciliari. Domani per quelli in comunità.Gli avvocati che li difenderanno sono Antonio Liagi, Armando Pasanisi, Fabio Falco.
Nazareno Dinoi
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