Il sessantunenne savese che chiameremo Giovanni che per anni sarebbe stato vessato e minacciato da un gruppo di persone che gli estorceva denaro (venticinque quelle individuate sinora, tra cui 8 minorenni, tutte denunciate, alcune sottoposte a misure detentive), non sarebbe stato vittima solo del branco, ma anche dai servizi sociali del comune che non lo avrebbero tutelato adeguatamente. A denunciare lo stato di abbandono del sessantunenne che dal giorno del blitz dei carabinieri vive in una struttura protetta lontana dal suo paese, è il suo avvocato di fiducia, Agnese Pulignano, l’unica, oltre ai carabinieri, ad avere contatti con lui.
«Gli uffici preposti del comune – dice la legale – si sono mossi solo dopo l’episodio dell’incendio e solo dopo la segnalazione dei carabinieri e lo hanno fatto, a mio avviso, in maniera approssimativa; e poi – aggiunge – mi chiedo dov’erano prima?».
L’avvocatessa si riferisce anche al sindaco di Sava, Dario Iaia che all’indomani degli arresti rilasciò dichiarazioni di sostegno e aiuto nei confronti del suo concittadino, minimizzando quanto accaduto nella cittadina savese. Fatti che, a dire del primo cittadino, non potevano essere paragonati al caso Stano di Manduria. «Non è mia intenzione parlare per mero spirito di contraddizione, tanto meno esprimere opinioni senza cognizione di causa – afferma l'avvocatessa Pulignano -, ma in merito alla vicenda di Sava e alle dichiarazioni rese dal sindaco, nonché mio collega, ho qualche appunto da fare». E lo fa con «carte alla mano» e cognizione di causa. «Dopo l'incendio – racconta la tutrice di Giovanni -, il sindaco ha addirittura emesso un'ordinanza che intimava il mio cliente a bonificare l'area con i suoi mezzi economici». Cosa che il pensionato avrebbe fatto parzialmente e a sue spese dal ricavato della vendita di uno degli ultimi terreni di sua proprietà nonostante la nuda proprietà di quella casa fosse della sorella. Il difensore del sessantunenne punta poi il dito sui servizi sociali comunali e parte sempre dal periodo del dopo incendio. «Dopo la segnalazione fatta dai carabinieri – fa sapere Pulignano –, gli uffici comunali non sanno nemmeno che il mio assistito ha soggiornato per un periodo in un garage attiguo alla casa distrutta». Contraddicendo le dichiarazioni del sindaco Iaia secondo cui i servizi sociali si sarebbero attivati per trovare una casa all’indigente, l’avvocatessa Pulignano racconta tutta un’altra storia. «A quanto mi risulta - dice -, è stato il fratello della vittima a trovare una sistemazione , pagando, per altro, un canone esoso che veniva corrisposto puntualmente solo ed esclusivamente dalla vittima, la quale percepisce una pensione di appena 500 euro mensili; doveva, inoltre – prosegue l’avvocatessa -, farsi carico anche del denaro che era costretto a consegnare alle decine e decine dei propri concittadini estortori che sono attualmente indagati. Mi chiedo – conclude - se i servizi sociali siano mai entrati in quella provvisoria casa, se abbiano mai verificato chi fosse il locatore, se esisteva un contratto di locazione e se quell'immobile fosse abitabile».
Nazareno Dinoi
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