Lunedì, 5 Maggio 2025

Salento Puglia e mondo

Il decreto è frutto di specifiche investigazioni economico patrimoniali, condotte dalle fiamme gialle del comando provinciale di Taranto

Usura, confisca da 2,2 milioni di euro a lizzanese

Il sequestro Il sequestro | © La Voce di Manduria

Dopo venti mesi dal sequestro dei beni, la giustizia ha concluso il suo ciclo confiscando definitivamente il tesoro di Giuseppe Berdicchia, 46enne di Lizzano, usuraio già gravato da una condanna per ricettazione e due per usura e con un carico pendente per il reato di trasferimento fraudolento dei valori previsto dalla legge Falcone-Borsellino. I militari del nucleo di polizia economico finanziaria di Taranto, hanno eseguito ieri un provvedimento di confisca di un’attività commerciale, due fabbricati, quote societarie, conti correnti e automezzi per un valore complessivo di due milioni e 242 mila euro. L’atto è stata deciso dalla prima sezione penale del Tribunale di Lecce che a carico del pregiudicato ha disposto anche una misura di prevenzione di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di tre anni.

Il decreto è frutto di specifiche investigazioni economico patrimoniali, condotte dalle fiamme gialle del comando provinciale di Taranto nei confronti dell’imputato e del suo nucleo familiare, che hanno fatto emergere una netta sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati.

La confisca ha riguardato il locale bar «Reby Plays Room» di Lizzano, due appartamenti in via Toscanini sempre a Lizzano, un motociclo e una auto Smart, due conti bancari e un libretto di deposito intestati a Berdicchia. I tentativi di nascondere tali beni da parte dell’usuraio non hanno ingannato i finanzieri alla guida del tenente colonnello Antonio Marco Antonucci che hanno smascherato i «trucchi» per far perdere le tracce delle ricchezze accumulate grazie ai prestiti a strozzo. Si è scoperto quindi che nel 2012 Berdicchia aveva acquistato l’avviatissima attività commerciale concessa poi in locazione ad una società sempre a lui riconducibile che poi l’aveva riacquistata. «È chiaro – scrive il giudice nell’ordinanza – come tutta l’operazione nasca e venga sviluppata per dare un crisma di liceità al tentativo di Berdicchia di creare un’attività commerciale molto redditizia impedendo la riconducibilità alla sua persona». Il tenore di vita condotto dalla famiglia dell’imputato ed alcune operazioni finanziarie portate a segno nel periodo sotto esame, non hanno lasciato dubbi agli inquirenti circa la provenienza sporca di tali ricchezze. Con un reddito di lavoratore dipendente di 1.500 euro mensili dichiarati, ad esempio, Berdicchia aveva ottenuto da una finanziaria un prestito di 50 mila euro restituito regolarmente a rate. Dalle indagini sull’usura, invece, sarebbe emersa una disponibilità di liquidi inconcepibile per uno stipendiato: in un caso aveva prestato 150mila euro cash.

Il Nucleo di Polizia Tributaria di Taranto aveva già arrestato il lizzanese nell’ambito dell’operazione “Shylock” del giugno 2010, conclusasi con l’esecuzione di 13 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di responsabili del reato di usura. Successivamente Berdicchia era stato condannato a tre anni e mezzo di reclusione.

Nazareno Dinoi

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