Qualche giorno fa, sui miei rispettivi profili social Facebook e Instagram ho pubblicato una vignetta molto bella che ritraeva un ragazzo seduto su una sedia a rotelle, il cui significato è sostanzialmente questo: noi prima di essere giudicati o etichettati per la nostra condizione, dovremmo essere considerati come persone. E lasciatemelo dire (con una punta di amarezza) da questo punto di vista, la strada da fare è ancora molto lunga e tortuosa. Nonostante i tanti tentativi di provare a rendere questa società un pochino migliore di quella che effettivamente è.
In questo senso, un bel messaggio di un mondo aperto e inclusivo è arrivato dalle Paralimpiadi di Parigi appena terminate dove i nostri atleti hanno messo in luce le loro capacità. Conquistando una pioggia di medaglie.
Ma la realtà quotidiana è ben diversa… noi sappiamo stare al nostro posto e anche vivere nell’ombra, come nessun altro è capace di fare. Ma al tempo stesso, cerchiamo di scardinare le tante barriere che sono presenti. Non solo architettoniche, evidentemente. Sento spesso dire che siamo noi stessi ad isolarci dal resto del mondo. Ma non è così… perché isolarsi significa vergognarsi di quello che si è, ed io sono sempre stato orgoglioso di essere quello che sono. Noto che sono gli altri ad avere ancora difficoltà nel relazionarsi con noi, senza preoccuparsi del fatto di come questo possa in qualche maniera farci soffrire. Chi convive con una disabilità non ha filtri e sempre se stesso in ogni circostanza. Sono i nostri interlocutori a doversi scrollare di dosso, il fastidio e il peso che la disabilità (ahimè) ancora trasmette. Essere percepiti come tale nel 2024, non è affatto bello.
Mentre Tutto Scorre… non siamo stanchi di lottare (la vita ce lo ha insegnato a fare) ma è sconfortante notare come questo non sia sufficiente ad avere un proprio posto nel mondo degli altri. La disabilità non è contagiosa e non è un qualcosa da cui è meglio stare alla larga. L’ignoranza e l’indifferenza possono esserlo… invece di riempire le nostre orecchie di parole, parole, parole, provate a far illuminare i nostri occhi di gentilezza e concretezza.
Perché… noi oltre ad avere un handicap, siamo anche portatori sani di valori umani che ormai sembrano non esistere più, ovvero praticare buoni sentimenti.
Mi auguro che leggendo queste righe, possa esserci una profonda riflessione nelle varie coscienze.
Disabilità e inclusività possono coesistere insieme, anche se sono ancora due parole troppo lontane tra loro.
In un mondo reale che attraverso le parole accetta tutti, ma che alla prova dei fatti non sembra essere pronto e continua a chiuderci le porte.
Claudio Rimoli
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