Sabato, 27 Aprile 2024

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Il ballerino manduriano Francesco Mottisi incontra la redazione di SpazioEinaudi

Il ballerino manduriano Francesco Mottisi incontra la redazione di SpazioEinaudi Il ballerino manduriano Francesco Mottisi incontra la redazione di SpazioEinaudi | © n.c.

Sabato 13 gennaio, la redazione di SpazioEinaudi ha incontrato il giovane manduriano Francesco Mottisi, ballerino che ha collaborato e collabora con artisti di rilievo, tra questi il cantante Renato Zero e il coreografo Giuliano Peparini. Nel corso dell’intervista Mottisi ci ha raccontato la sua esperienza e di com’è nata la passione per la danza. L’incontro che si è svolto nella biblioteca dell’Istituto Luigi Einaudi, ha permesso ai ragazzi di conoscere questo giovane artista, ancora poco conosciuto nel nostro territorio. Qui di seguito vi riportiamo l’intervista. Buona visione!

Francesco Mottisi ha 26 anni, attualmente vive a Roma e periodicamente torna a Manduria dove vive la sua famiglia. Ne abbiamo approfittato per invitarlo nella nostra scuola.

Qual è stata la tua ultima esperienza?

Sono appena tornato dal Belgio, dove ho vissuto quasi tre mesi a Bruxelles, per lavoro.

Come è nata la tua passione per la danza? A che età?

È nata per caso. Siccome sono sempre stato un po’ spericolato, ho iniziato a ballare qui a Manduria con dei miei amici. Mi piaceva arrampicarmi sui muri, fare queste cose un po’ rischiose. C’erano dei ragazzi che già ballavano break dance, e ho detto “ci provo pure io”, poi ero abbastanza testa dura. A 14, 15 anni , un po’ tardi forse, perché dicono che nella danza bisogna iniziare da bambini.

Con quale artista ti piacerebbe collaborare?

Bella domanda. Al momento vado in grande, mi piacerebbe Bruno Mars perché mi piace un sacco la sua musica e lo stile, però anche Justin Timberlake. Mi sarebbe piaciuto Michael Jackson però mi sa che non faccio più in tempo!

Secondo te, quali sono le qualità che un giovane ballerino dovrebbe avere per definirsi tale?

Non ci ho mai pensato a questa domanda perché credo che non ci siano delle caratteristiche specifiche per dire “tu hai talento”. Questa parola viene abusata, spesso mi dicono “sei proprio un talento, sei proprio portato per questo”, invece io non credo, non penso di essere cosi talentuoso, ho lavorato, mi sono allenato ogni giorno e quindi riesco a fare determinate cose e mi piace farle. I talenti penso siano proprio rari.

In che maniera i tuoi amici e i tuoi parenti ti sostengono?

Al momento tanto, all’inizio un po’ meno, cioè, mi sostenevano, ma non erano tanto convinti come penso tutti al giorno d’oggi perché è difficile vedere un’attività artistica come un lavoro , ma solo qui in Italia. Devi dare tutto te stesso per forza. Non posso fare un lavoro qualsiasi e allo stesso tempo fare il ballerino perché per farlo a livello professionale, a livello alto ti devi allenare 25 ore su 24 .

Hai fatto molti sacrifici? Se si, ne è valsa la pena?

Si, tanti, dai più disparati, dal dormire a terra in stazione a viaggiare senza un euro, letteralmente. Non so, magari per qualcuno non è un sacrificio ma per me lo è stato. Rifarei tutto, anche perché penso che ciò che sono adesso lo devo a tanti sacrifici. Avendo vissuto un’esperienza del genere mi ha fatto maturare delle idee, una visione di vita e comunque di alcune cose in questo modo.

Qual è stata l’ esperienza che ti è rimasta particolarmente dentro?

Quella che mi ha segnato abbastanza e mi ha portato il primo cambiamento è stata la tournée che ho fatto nel 2013 con Renato Zero. È durata un anno ed è stato uno dei miei primi lavori veramente grandi che mi hanno impegnato tanto. Ho viaggiato, girato l’Italia e il mondo, ho conosciuto gente che mi ha cambiato. L’ altra esperienza che mi ha segnato è stata l’ultima che ho fatto in Belgio dove ho partecipato allo spettacolo “Lo schiaccianoci” con il coreografo Giuliano Peparini e Franco Dragone. Un altro lavoro che mi ha cambiato tecnicamente e personalmente è stato quello di un anno fa. Ho partecipato allo spettacolo teatrale di Alessandro Siani con il cantante napoletano Sal Da Vinci. Lì ho cambiato anche modo di ballare, ho potuto esibirmi da solo sul palco con l’artista.

Come hai reagito alla notizia di dover collaborare con Renato Zero?

L’emozione è stata fortissima, anche se per carattere non l’ho dimostrato. Renato è stata una persona veramente premurosa, brava. L’ho incontrato in questi ultimi anni per strada a Roma, si è ricordato subito, mi ha salutato e mi ha chiesto cosa stessi facendo. Sono piccoli gesti che ti rimangono impressi e comunque ti fanno piacere perché magari non te li aspetti da una persona più grande, da un’artista che ormai ha fatto un bel po’ di cose. È stato carino quando si è ricordato che ho collaborato insieme a lui.

Il famoso “treno” che passa una sola volta nella vita : raccontaci il tuo.

Non credo ci sia un treno che passi una sola volta, ci sono più treni nella vita, varie occasioni che ti offrono. Sta a noi alzarci dal divano e andare in quella stazione e dire “ok, prendo quel treno”. Sta tutto a noi, non aspettare che qualcuno ci venga a dire: “ sei bravo, vieni che facciamo questa cosa”, sei tu che devi alzarti da quel divano e provarci.

Prima di un’esibizione come ti prepari? Hai qualche rito particolare?

Non ci penso molto, sono abbastanza tranquillo. Solo cinque minuti prima di andare sul palco vorrei il massimo silenzio. Il momento cruciale sono quei due passi prima di stare in scena. Fai un bel respiro e vai avanti. A volte avverti un blocco allo stomaco che col tempo riesci a controllare.

La tua prima volta sul palco?

Sono salito sui palchi sin da bambino, anche qui a Manduria durante i saggi di danza. Quelle prime piccole esperienze per me sono state importanti tanto quelle successive, perché mi hanno permesso di stare più a contatto con la gente. Avere il pubblico di fronte è un’altra energia. Sono stato anche sul palco dell’auditorium di questo istituto, circa dieci anni fa.

Molti dicono che oltre al talento o alla bravura bisogna avere la testa giusta per diventare ciò che si vuole. Ti trovi d’accordo con questa affermazione?

Penso che prima di tutto devi avere la testa, poi le capacità. Fateci caso, quanti artisti bravi sanno “vendersi?”. Tanti altri sono bravissimi ma non hanno “la testa” quindi fanno la metà di ciò che potrebbero fare. Ho rinunciato ad un sacco di cose per allenarmi. Ho avuto la testa dura, per me esisteva solo il ballo. Mi sono svegliato un giorno e ho detto: “io nella vita devo fare qualcosa”, non è da me non sapere cosa fare.

La redazione di Spazioeinaudi hanno collaborato alla realizzazione dell’intervista Sofia Giusi, Alyssa Damicis, Giorgia Dinoi, Alice Calò, Alexandru Dajbog e Emanuele Scorrano.


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