Lunedì, 20 Maggio 2024

Salento Puglia e mondo

Già dopo 3 mesi la gran parte dei pazienti riferisce una soggettiva riduzione della sintomatologia e un sensibile miglioramento della qualità di vita, oggettivamente documentato con questionari a validità internazionale

Al Miulli il primato pugliese nella correzione dell'insufficienza mitralica non invasiva

Il team della cardiologia Il team della cardiologia | © La Voce di Manduria

Quando il cuore dà segni di stanchezza, perché le valvole cardiache non funzionano più bene, forse non è ancora tutto perduto! Anche in pazienti affetti da più patologie e, per questo, non candidabili all’intervento di cardiochirurgia tradizionale (cioè a cuore aperto), una terapia risolutiva minimamente invasiva è oggi possibile.

Così come da anni accade per la valvola aortica, all’ospedale Miulli di Acquaviva la correzione dell’insufficienza della valvola mitrale per via percutanea (cioè semplicemente attraverso la puntura di una vena) è una realtà consolidata. A confermare il primato della Cardiologia del Miulli vi è innanzitutto l’elevato numero di pazienti trattati, il più alto in Puglia. Ad oggi, infatti, sono 31 le persone che hanno beneficiato della correzione percutanea dell’insufficienza mitralica e il loro follow-up a medio e lungo termine risponde alle aspettative di un miglioramento della qualità di vita. A ciò va aggiunta la possibilità di scelta terapeutica sulla valvola, poiché il Miulli è l’unico centro in Puglia in grado di proporre la riduzione dell’anello mitralico per via percutanea oltre che l'intervento diretto sui lembi valvolari, e tutto questo grazie all’operatività di una equipe interamente pugliese. Già da 3 anni, in base a specifiche caratteristiche cliniche ed anatomiche, è in corso una sistematica selezione dei pazienti affetti da insufficienza mitralica e suscettibili di correzione efficace del difetto valvolare, sui quali viene anche realizzato un follow-up strutturato.

«L’insufficienza della valvola mitralica» – spiega il dott. Tommaso Langialonga, direttore dell’U.O.C. di Cardiologia al Miulli – «è una condizione piuttosto frequente nella popolazione dei cardiopatici e può dipendere da un difetto delle componenti della valvola stessa (insufficienza “primaria”) oppure dalla patologia del ventricolo sinistro, come un pregresso infarto o la dilatazione ventricolare, che si ripercuote sulla mitrale (insufficienza “secondaria”). Quando la valvola rimane gravemente incontinente, si configura un’insufficienza mitralica “emodinamicamente significativa”, ovvero in grado di compromettere pesantemente la qualità di vita dei pazienti, condizionando sintomi (come l’affanno) e incrementando la frequenza e la gravità degli episodi di scompenso cardiaco e dei ricoveri ospedalieri. Se non si interviene con la correzione del difetto, la storia naturale di questa patologia ha esito infausto.»

L’intervento di correzione dell’insufficienza mitralica è tradizionalmente affidato ai cardiochirurghi che, tuttavia, in molti casi (circa nel 50% delle insufficienze “secondarie”) non possono procedere a causa dell’età avanzata dei pazienti o delle loro patologie associate, spesso così invalidanti da rendere l’intervento tradizionale troppo pericoloso per i pazienti stessi. In questi casi, la correzione per via percutanea è l’unica valida alternativa, poiché ugualmente efficace ma molto meno invasiva e gravata da una bassissima incidenza di complicanze.

Gli interventi possibili al Miulli, realizzati per via percutanea, consistono nel posizionare un anello attorno alla valvola per ridurne la larghezza e quindi anche il grado di insufficienza (impianto di “Carillon”) e/o posizionare uno o più punti metallici esattamente dove i lembi valvolari risultano maggiormente incontinenti (intervento di “MitraClip”). In particolare, ad oggi, l’equipe operatoria della Cardiologia del Miulli ha sottoposto 8 pazienti ad impianto di Carillon e 23 pazienti ad intervento di MitraClip; tre pazienti hanno ricevuto entrambe i trattamenti, beneficiando dell’intervento sia sull’anello che sui lembi mitralici. La dott.ssa Katya Lucarelli, il dott. Vito Casamassima e la dott.ssa Federica Troisi eseguono la procedura interventistica di MitraClip in un clima di grande sinergia con i cardioanestesisti del Miulli e si occupano anche di screening e follow-up dei pazienti.

«I pazienti sottoposti ad intervento di MitraClip» – racconta la dott.ssa Lucarelli – «vengono da noi rivalutati dopo 3-6-12 e 24 mesi dalla procedura, mediante una serie di esami cardiologici e pneumologici effettuati in collaborazione con i colleghi della Fisiopatologia Respiratoria. I risultati al follow-up risultano molto incoraggianti. Già dopo 3 mesi la gran parte dei pazienti riferisce una soggettiva riduzione della sintomatologia e un sensibile miglioramento della qualità di vita, oggettivamente documentato con questionari a validità internazionale. L’ecocardiogramma e gli esami pneumologici dimostrano che la riduzione dell’insufficienza mitralica migliora l’anatomia e la funzionalità cardiaca e questo comporta notevoli benefici sulla vascolarizzazione e l’efficienza polmonare. Ma solo un lavoro di gruppo e la collaborazione di diverse figure professionali (cardiologi, cardioanestesisti, pneumologi e personale tecnico-infermieristico altamente qualificato), può garantire simili risultati».

Gli studi internazionali pubblicati in Letteratura Scientifica mostrano risultati contrastanti circa l’efficacia della procedura di MitraClip. La dott.ssa Lucarelli e la dott.ssa Troisi spiegano che la ragione di queste divergenze è ben nota e risiede nella corretta selezione dei pazienti da sottoporre a intervento. Tra tutti i candidati, ovvero tra tutti i pazienti con insufficienza mitralica, bisogna selezionare quelli con difetto realmente importante e, attraverso l’esecuzione di un ecocardiogramma transesofageo mirato allo studio della valvola e delle cavità cardiache, individuare quelli con specifiche caratteristiche anatomiche e valvolari che li rendono particolarmente suscettibili di correzione per via percutanea. Solo questi pazienti traggono realmente beneficio dall’intervento stesso. Un ottimo intervento, quindi, a patto di riconoscere il “giusto paziente”!

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