Chi in carcere, chi ai domiciliari o in comunità, i componenti del «branco» accusati di aver vessato ed estorto denaro ad un disabile di Sava, non otterranno per ora la libertà. Ieri i giudici del tribunale del riesame, quello ordinario per gli otto maggiorenni e quello dei minorenni per gli altri sei tra i sedici e diciassette anni, ha respinto le richieste presentate dai rispettivi avvocati che avevano chiesto l’anamento o l’attenuazione delle misure cautelari disposte il 30 ottobre scorso. L’indagine che li riguarda, denominata «Bad boys» (cattivi ragazzi), è nata dalla denuncia di un pensionato di 61 anni che aveva raccontato ai carabinieri di essere vittima di un gruppo di persone, sei dei quali minorenni, che da anni lo avrebbero costretto con le minacce e l'uso delle armi, a consegnare denaro. L’attività investigativa condotta dai carabinieri della stazione di Sava, aveva portato all’emissione di venti misure cautelari e la denuncia a piede libero di altre cinque persone tutte accusate a vario titolo di estorsione continuata in concorso, furto aggravato, rapina, detenzione e porto illegale di arma da sparo, atti persecutori. L’unica agevolazione concessa dai giudici di riesame, è stata quella nell’interesse di uno dei maggiorenni, A.R. di 19 anni, a cui il giudice Patrizia Todisco ha revocato gli arresti domiciliari sostituendoli con il divieto di avvicinamento non oltre la distanza di duecento metri dalla vittima. La decisione del Riesame emessa ieri, riguarda quattordici dei venti indagati raggiunti da restrizioni perché i legali dei restanti 6 hanno adottato una diversa strategia difensiva.
Per tutti restano invariate le accuse nei confronti del disagiato sociale che dal giorno del blitz vive in un luogo sicuro, lontano dal suo paese, su consiglio delle forze dell’ordine e del suo avvocato, Agnese Pulignano.
Il collegio difensivo impegnato ieri era composto dagli avvocati Antonio Liagi, Rosario Frascella, Giuseppe Masini, Franz Pesare, Armando Pasanisi, Fabio Falco. In sede di interrogatorio di convalida, gli indagati hanno quasi tutti ammesso di aver preso soldi dal pensionato negando però di averglieli estorti con la forza.
L’inchiesta era partita da un incendio divampato accidentalmente in casa del pensionato lo scorso mese di giugno. Sentito dai carabinieri in quella occasione, l’uomo disvelò un clima di terrore in cui viveva da anni. Raccontò di essere succube di un gruppo di savesi, alcuni molto piccoli, a cui avrebbe elargito sotto minaccia la sua piccola pensione.«Molti in paese mi insultano, le donne mi hanno sempre rifiutato e poi sono andato fuori di testa», raccontò al suo confessore in divisa.«Tutti i miei dispiaceri che ho accumulato nel tempo – disse ancora – mi hanno fatto venire questo forte legame che ho per gli oggetti che nel tempo ho accumulato ed ammassato in casa». Spiegando così quel disturbo che la scienza definisce con il termine di «disposofobia» che negli anni gli ha fatto riempire casa di oggetti di ogni genere e forma. Quell’ammasso di cose inutili prese poi fuoco facendo scoppiare l’incendio ed anche «il caso» del disagiato preda dei bulli.
Nazareno Dinoi
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