L’acquedotto pugliese ha risposto con un ricorso al Tar alla diffida partita dal Comune di Manduria che gli contesta il superamento dei limiti d’inquinamento del vecchio depuratore situato sulla via per Lecce. Gli avvocati dell’ente idrico, Maria Rosaria Mola e Sabino Fabio De Meo, hanno notificato al comune Messapico l’atto di opposizione per l’anamento, previa sospensiva, dell’ordinanza emessa il 23 gennaio scorso dalla commissione straordinaria con la quale si impone all’Aqp, in qualità di gestore del vecchio impianto, il ripristino entro i valori normali dei parametri fuori limite di «BOD5». (Parametro più in uso per stimare il carico inquinante delle acque reflue che misura il contenuto di materia organica biodegradabile presente in un campione di reflui nella parte finale del processo depurativo).
Con gli ultimi risultati delle analisi effettuati periodicamente dall’Arpa, il livello di allarme era stato abbondantemente superato da qui la necessità per il comune di ordinare al gestore di porvi rimedio. Infatti, la risposta dei commissari che amministrano la città Messapica dopo lo scioglimento del Comune per mafia, non si è fatta attendere e già il giorno dopo la notifica degli avvocati baresi hanno deciso di resistere al ricorso affidando l’incarico ad un proprio legale convenzionato. Ad occuparsene sarà l’avvocato Giuseppe Misserini del Foro di Taranto che ha accettato il compito pattuendo un compenso omnicomprensivo pari a circa seimila euro.
La mossa dell’Acquedotto pugliese, per certi versi scontata, è servita intanto a sospendere i termini dei dieci giorni concessi dal comune per adottare le misure necessarie ad abbattere i livelli degli inquinanti immessi in falda.Toccherà comunque ai giudici amministrativi decidere l’eventuale sospensiva dell’ordinanza commissariale rinviando ad una successiva udienza di discussione del merito.
Sino a quella data è da ritenere pertanto congelata l’intimazione firmata dal commissario straordinario del comune di Manduria, Vittorio Saladino che sembrava non lasciare alternative alla società controllata dalla Regione Puglia: «Ordinanza contingibile ed urgente – recitava l’atto pubblicato il 23 gennaio scorso –, a tutela dell’igiene e della salute pubblica per ripristino dei parametri delle acque reflue dell’impianto di depurazione entro i valori normali». Il tempo concesso per mettersi a posto era di dieci giorni.
La notizia del superamento dei limiti di guardia certificato dall’Arpa di Taranto e trasmessa al Dipartimento di prevenzione della Asl e al Comune di Manduria, aveva gettato benzina sul fuoco alimentando così i contrasti tra chi spinge per un nuovo depuratore consortile a servizio dei comuni di Manduria e Sava da realizzare sulla costa manduriana e chi, invece, pur riconoscendo la necessità di un nuovo impianto, vorrebbe spostare il sito nell’entroterra.
Nazareno Dinoi
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