Per un trentennio ed anche più, quella sulla destra entrando dall’ingresso principale del cimitero, era stata la tomba di famiglia. Una domenica, dopo qualche settimana di mancate visite, lo chock: la vecchia tomba a pozzo era sparita. Al suo posto era sorta una stele funeraria in sopraelevazione da sei posti. Tutto nuovo, cancellati gli antichi ricordi e persino il nome della famiglia non era più quello di prima. «Famiglia P» con carattere brillanti e nuovi, al posto di quelli consumati dal tempo che componevano «Famiglia C». L’allarme è stato diffuso al resto dei parenti che giustamente si sono allarmati aprendo così una lunga e tortuosa vicenda fatta di domande e ricerche agli uffici cimiteriali del comune, appuntamenti dati e non mantenuti, richiesta di accesso agli atti e finalmente la risposta: uno dei cugini della numerosa famiglia di eredi e quindi legittimi proprietario della tomba, si era presentato al Comune dichiarando, con una semplice autocertificazione, che quel posto funerario apparteneva in esclusiva a sua madre. Dall’ufficio tecnico comunale nessuno ha messo in dubbio l’autenticità di quella dichiarata proprietà concedendo il permesso di costruire.
Per gli eredi sfrattati è iniziato un lungo braccio di ferro con i responsabili del settore cimiteriale ai quali, carte alla mano ottenute pagando i diritti di segreteria e attendendo tre mesi per averli, chiedevano di prendere atto dell’errore e revocare ai presunti illegittimi proprietari il permesso di costruire la stele nuova funeraria.
La storia è andata avanti con impegni non mantenuti e con lettere dell’avvocato che indicava al Comune la strada da seguire per evitare il fastidioso contenzioso. Finalmente, dopo sei mesi di attesa, la lenta macchina burocratica del Comune ha preso atto dell’errore commesso nel non aver verificato le carte ed ha revocato il permesso al sospetto usurpatore della tomba. Tutto questo, però, fuori tempo massimo consentendo al nuovo proprietario di presentare ricorso al Tar rivendicando l’eccessivo tempo trascorso dalla concessione, pertanto, non più revocabile.
Ora il resto della famiglia, per ottenere giustizia, dovrebbe costituirsi nel giudizio davanti al Tar ma dovrebbe farlo a sue spese ma, a quanto pare, non può permetterselo così chiede al comune di fare la sua parte. «L’errore è stato loro, prima nell’omettere i controlli sulla reale proprietà della tomba e poi nell’aver fatto passare i termini per la revoca del permesso», dicono i parenti sfrattati che sperano così che sia l’ente pubblico a rimediare opponendosi con la propria costituzione nel giudizio.
Nazareno Dinoi
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2 commenti
leonardo
dom 14 ottobre 2018 05:56 rispondi a leonardotutto questo tempo perso ha fatto il gioco di qualcuno. è STORIA VECCHIA. puzza come la ora
giorgio sardelli
sab 13 ottobre 2018 12:05 rispondi a giorgio sardellil'ente pubblico doveva sapere che esiste un tempo per la revoca al permesso a costruire nel dubbio presentato dagli sfrattati l'ente avrebbe dovuto bloccare tutto per capire meglio da dove veniva l'errore invece di far passare i termini..............????????