Udienza dedicata ad un manduriano quella di ieri nell’aula della Corte d’assise del Tribunale di Taranto dove si svolge il processo «Ambiente svenduto» contro i presunti disastri ambientali dell’ex Ilva gestione Riva. Giuseppe Dinoi, ingegnere, dirigente del settore molo dell’acciaieria, è imputato con altri dipendenti Ilva (ora ArcelorMittal) di omicidio colposo per la morte di un operaio che ne 2012 durante una tempesta di vento precipitò con una gru del quarto sporgente del porto.
Ieri la difesa del manduriano affidata agli avvocati Franz pesare e Armando Pasanisi, ha presentato una copiosa documentazione prodotta da due periti di parte che dimostrerebbe la non responsabilità dell’ingegnere Dinoi nel tragico evento causato da un tormente di vento. Gli esperti della difesa, il meteorologo Mario Marcello Miglietta e l’ingegnere dei materiali, Parodi, hanno relazionato ognuno secondo le rispettive competenze per dimostrare la non punibilità dell’imputato. Il meteorologo Miglietta ha illustrato i dati scientifici meteorologi per dire che non era possibile prevedere una potenza tale del tornado che fece raggiungere al vento una forza di 230 chilometri orari. L’ingegnere ha presentato invece il manuale di quel tipo di gru dimostrando che ai tempi della sua costruzione, sicuramente molto datata nel tempo, non era previsto nessun sistema di blocco anti tornado. E che quindi tale mancanza tecnica e strumentale non può essere imputabile al dirigente di quel reparto. L’udienza proseguirà nei prossimi giorni.
Secondo l’accusa, invece, rappresentata dai pubblici ministeri, Filomena Di Tursi e Raffaele Graziano, il manduriano con gli altri sei imputati, avrebbero consentito, come recita il capo d’imputazione riportato nell’avviso di garanzia, «l’utilizzo di apparecchiature di sollevamento (gru di banchina) non idonee all’uso.
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