Sabato, 20 Aprile 2024

Giudiziaria

Quel poco che è riuscito a dire ieri il triplice omicida, è stato tutto dedicato al perdono e al pentimento

Le lacrime del carabiniere omicida: «non ricordo niente, perdonatemi, vorrei abbracciare mio nipote»

Salvatore Pesare Salvatore Pesare | © La Voce

Un’udienza drammatica quella di ieri con l’imputato Raffaele Pesare in lacrime a chiedere perdono a tutti e a domandare a sé stesso cosa sia successo la mattina del 18 novembre del 2017 quando la sua mano, armata con la pistola d’ordinanza, ha annientato la sua famiglia, padre, sorella e cognato. Tutti morti sul colpo, crivellati dalle pallottole della sua calibro 9. Davanti al giudice delle udienze preliminari, Giuseppe Tommasino, l’ex carabiniere savese, Raffaele Pesare, 55 anni, ha voluto parlare per la prima volta per raccontare il suo dramma. Assistito dal suo avvocato, Lorenzo Bullo, Pesare aveva pensato di farcela a reggere l’emozione. Invece è crollato. Dopo le prime frasi le parole sono state interrotte dai singhiozzi e quelle che dovevano essere delle dichiarazioni spontanee si sono trasformate in una crisi di pianto che ha sconvolto tutti. Per questo il gup Tommasino ha deciso di rinviare tutto alla prossima udienza del 16 luglio per le discussioni e la sentenza che seguirà le regole dell’abbreviato.

Quel poco che è riuscito a dire ieri il triplice omicida, è stato tutto dedicato al perdono e al pentimento. Ma anche a voler giustificare quello che ha definito come «un buco nella memoria». «Vorrei tornare indietro – ha detto – vorrei poter capire cosa mi sia capitato quel giorno di cui non ricordo a». Sempre con voce interrotta dall’emozione, l’imputato ha voluto chiedere perdono al nipote a cui ha fatto il torto maggiore togliendogli entrambi i genitori. «Vorrei poterlo abbracciare per chiedergli perdono», ha detto Pesare. Che ha cercato di spiegare quel vuoto della memoria. «Non ero io, non ricordo niente, ricordo solo di essermi svegliato ed ero nella rianimazione, di quello che è accaduto prima non so niente, non ricordo niente», ha ripetuto.

La terribile realtà è descritta nelle carte dell’inchiesta e naturalmente nella memoria di chi invece ricorda e non potrà mai più dimenticare quel tragico sabato di un anno e mezzo fa quando il caricatore della calibro 9 del carabiniere cancellò tre vite spezzando il legame si sangue di altre famiglie.

La ricostruzione è tutta lì, anche sui giornali che raccontarono la mattanza. Quel giorno il carabiniere in servizio alla compagnia di Manduria, era di riposo così decise di recarsi a casa del genitore che viveva con la sorella sposata. Una lite di cui si possono fare solo ipotesi (si è parlato di una disputa sul raccolto di un oliveto di proprietà dell’anziano padre), sfociò nel dramma. Sicuro è che Pesare in quella occasione tirò fuori la sua pistola e fece fuoco prima contro il padre Damiano di 85 anni, poi contro il cognato Salvatore Bisci di 69 e infine su sua sorella Maria Pasana di 50. Il carabiniere chiamò al telefono un suo superiore a cui accennò qualcosa del tipo «ho fatto una cazzata», prima di puntare verso di sé la pistola premendo il grilletto. La pallottola che gli entrerà dal mento, uscirà da uno zigomo senza ucciderlo. Si sveglierà in un letto di ospedale, come ha confermato ieri, con una finestra buia che ha cancellato dalla sua memoria la parte così dolorosa della sua vita.

Dopo le dimissioni dall'ospedale, l’imputato è passato nel carcere di Matera dove si trova ancora rinchiuso. Tra due mesi il gup pronuncerà la sua sentenza che potrà fare giustizia sul triplice omicidio ma non sarà di conforto per molti, per l’orfano di 12 anni soprattutto che nel processo è parte lesa con l’assistenza dell’avvocato Franz Pesare.

Nazareno Dinoi

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