A marzo del 2015 una banda di rapinatori fece irruzione armi in pugno in casa dell’avvocato manduriano Francesco Ferretti puntandogli la pistola alla tempia e minacciandolo di morte, se non avesse aperto la cassaforte, davanti alla moglie e ai tre figli piccoli di 7 e 5 anni e due mesi. Minuti di puro terrore per la famiglia Ferretti che fu tenuta in ostaggio da quattro banditi armati e con il volto coperto che s’impossessarono di ori e denaro contante per un valore di quindicimila euro, due macchine fotografiche e l’autovettura della moglie, una Citroen C1 fatta trovare carbonizzata nelle campagne.
Grazie ai carabinieri che hanno indagati, tre dei quattro rapinatori hanno finalmente un volto e un nome: si tratta di Umberto Basile, lizzanese di 38 anni e i fratelli Giuseppe e Alessandro Giaquinto di 30 e 27 anni, pulsanesi. Ad individuarli sono stati i carabinieri della stazione d Lizzano che hanno consentito al pubblico ministero titolare dell’inchiesta, di chiedere nei loro confronti il rinvio a giudizio.
Era l’ora di cena del 20 marzo del 2015 quando il professionista che all’epoca era consigliere comunale di Manduria faceva rientro a casa. Una grande villa situata in una zona alla periferia della città Messapica dove lo attendevano quattro persone incappucciate che gli puntarono le pistole contro costringendolo ad aprire il cancello. L’irruzione nell’appartamento fu traumatica per i componenti della famiglia, la moglie con i tre figli l’ultimo dei quali ancora in fasce. I due fratellini più grandi sentendo la porta che si apriva andarono incontro al padre trovandosi di fronte una scena terribile. Mentre l’avvocato cercava di tranquillizzare i piccoli, i rapinatori lo strattonarono chiedendogli dove fosse la cassaforte. Sempre sotto lo sguardo terrorizzato dei minori e della moglie, uno dei banditi colpì l’avvocato alla testa con il calcio della pistola procurandogli una ferita. Valutata la gravità della situazione, il capofamiglia assecondò le richieste dei malviventi aprendo la cassaforte dove c’erano cinquemila euro in banconote e gioielli per un valore di altri diecimila euro. Afferrato il bottino, i quattro s’impossessarono anche di seicento euro e un assegno che l’avvocato aveva in tasca. Non soddisfatti di questo chiesero le chiavi dell’utilitaria della signora a bordo della quale si allontanarono. Un contributo fondamentale per la loro individuazione lo ha fornito il sistema di videosorveglianza della villetta che ha permesso agli investigatori di tracciare i primi sospetti.
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