Imprenditore cinese, proprietario di un grosso store a Manduria, acquista profumi taroccati da un grossista napoletano e finisce sotto processo per ricettazione e vendita di profumi contraffatti di famosi marchi. La Procura di Tarato richiede un anno e 8 mesi di reclusione ma il Tribunale di Taranto accoglie in larga parte le richieste difensive del cinese e lo condanna a 4 mesi e 15 giorni con pena sospesa. Indagato e rinviato a giudizio, secondo l’accusa l’esercente cinese avrebbe acquistato (e dunque ricettato) i profumi incriminati dalla ditta napoletana dopo che questi erano stati prodotti da un’altra ditta, avente sempre sede in Campania, sfruttando indebitamente dei famosi marchi di profumi
In un’operazione diretta dalla Guardia di Finanza di Manduria presso il grosso magazzino di proprietà del cittadino cinese erano stati sequestrati più di 300 profumi. Dopo quasi 4 anni di processo sono state accolte in parte le richieste difensive affidate agli avvocati Cosimo e Gianluca Parco che hanno fatto abbassare abbastanza la pena che era stata chiesta dal pubblico ministero.
La Guardia di Finanza nel febbraio 2017 aveva eseguito una perquisizione presso un noto e grande esercizio commerciale di Manduria (che vende prodotti di vario genere), di proprietà di un cinese incensurato di 44 anni. I militari avevano posto in sequestro una partita di profumi che gli stessi ritenevano essere contraffatti poiché recanti riferimenti a noti marchi di profumi. Nel 2019 è partito il processo innanzi al Tribunale di Taranto davanti al quale il cittadino cinese si è difeso assistito dagli avvocati Parco di Manduria. I reati contestati dalla Procura erano di messa in vendita di prodotti recanti marchi o segni distintivi contraffatti (pena prevista, reclusione sino a 2 anni e sino a 20.000 euro di multa) e ricettazione (pena reclusione da 2 a 8 anni). Secondo l’accusa, l’imprenditore avrebbe acquistato (e dunque ricettato) da una ditta con sede nel napoletano i profumi incriminati, dopo che questi erano stati prodotti da un’altra ditta, avente sempre sede in Campania, sfruttando indebitamente dei famosi marchi di profumi (Coco Chanel, Armani, e altri), operazione non consentita dalla legge e che rendeva i profumi in sé illeciti, dunque corpo del reato.
L’imprenditore cinese operante su Manduria avrebbe acquistato i prodotti in questione, sempre secondo l’accusa, nella piena consapevolezza della loro illecita provenienza e li avrebbe poi messi in vendita presso il suo noto store in Manduria. La difesa dell’imputato, confortata da quanto emerso in istruttoria dibattimentale, ha sostenuto che i profumi in questione non potessero essere ritenuti dei prodotti contraffatti in quanto sulle confezioni vi era riportato il marchio della ditta produttrice a stampatello e in caratteri cubitali (napoletana) e solo nella descrizione del prodotto era riportato il riferimento, a meri fini illustrativi della fragranza, di più noti marchi di profumi, operazione consentita dalle norme di settore in tema di tutela dei marchi. Pertanto non poteva configurarsi il reato di vendita di prodotti contraffatti perché non si trattava di contraffazione ma di pubblicità comparativa, consentita dalla legge. Inoltre la difesa ha sostenuto che non poteva parlarsi di ricettazione in quanto, nel corso del processo, è emerso che quando il cittadino cinese comprò i profumi in questione, il titolare della ditta venditrice gli aveva consegnato un’ordinanza del Tribunale del riesame di S. Maria Capua Vetere: proprio i profumi in questione erano stati già sequestrati in un altro procedimento penale e il Tribunale anzidetto li aveva dissequestrati proprio ritenendo che i profumi non fossero falsificati o contraffatti.
Dunque il cinese era in perfetta buona fede stringendo tra le mani un provvedimento giurisdizionale che forniva la prova della liceità dei prodotti. All’esito del processo la Procura aveva richiesto al Tribunale di Taranto per il cittadino cinese la condanna a 1 anno e 8 mesi di reclusione (con 800,00 euro di multa), la difesa ha richiesto al Tribunale l’assoluzione per tutti i reati e in via subordinata, in caso di condanna, l’applicazione della ricettazione ma nella fattispecie di speciale tenuità e l’applicazione delle attenuanti generiche con il beneficio della pena sospesa. Il Tribunale di Taranto con la sentenza di primo grado (emessa pochi giorni fa) ha sì condannato il cittadino cinese ma, discostandosi grandemente dalla richiesta di pena della Procura e accogliendo in larga parte le richieste degli avv.ti Parco, ha riconosciuto il fatto di speciale tenuità, ha riconosciuto le attenuanti generiche e ha comminato la contenuta pena di 4 mesi e 15 gg. di reclusione (con 300 euro di multa), concedendo altresì la sospensione condizionale della stessa. L’imputato si ritiene innocente e insieme ai suoi legali valuterà di fare appello per veder riconosciuta la sua piena innocenza e buona fede.
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4 commenti
Immacolata Mariggiò
dom 5 febbraio 2023 10:01 rispondi a Immacolata MariggiòIndagini sui profumi taroccati??? E a che punto sono le indagini sulle "puzze" vere?Per carità é importante la tutela dei marchi commerciali, ma a parer mio ormai é risaputo che la merce in vendita a prezzi piú convenienti nei negozi gestiti da cinesi potrebbe avere provenienza dubbia e qualità discutibile....penso che dare la precedenza ad altri aspetti del territorio che tutelino la salute dovrebbe essere prioritario.
Mimmo sammarco
sab 4 febbraio 2023 02:48 rispondi a Mimmo sammarcoCome sempre tutto si risolve a tarallucci e vino
malagnino cosimo
sab 4 febbraio 2023 12:59 rispondi a malagnino cosimoScommettiamo che il napoletano venditore dei profumi taroccati al cinese in loco , li ha acquistati da un altro cinese? il cerchio si chiude , o no ?
Egidio Pertoso
sab 4 febbraio 2023 09:20 rispondi a Egidio PertosoGlieli ha venduti un "napoletano"? Doveva fare attenzione, scusante la diversità dei popoli, all'abilita' dei napoletani nel rifilare patacche. Quindi diffidare dai profumi con nomi tipo: " eau de mer" ( non è il mare), " l'acqua di jo'" ( non è quella "di gio'", ma lascia molto immaginare...), o "estasi del Ganzo", non è quella che si prova nell'inquinamento del Gansu, regione della Cina.