Al binario 21 della stazione di Milano arrivarono in tanti. Alcuni forse anche dalla Puglia. La storia di migliaia di uomini, donne, anziani e bambini, diretti a Auschwitz, l’avremmo raccontata solo dopo alcuni anni quando nel lavacro dei vinti ci saremmo ritrovati tutti obiettori convinti della Shoah. Ma non fu sempre così. Non fu sempre denominato come sterminio quell’abominio nei confronti dell’umanità.
Ci fu un tempo in cui quel massacro, forse ancora non provato, non accertato, troppo terribile persino solo da immaginare figuriamoci da ammettere, fu considerato “campagna denigratoria” contro il regime, contro chi aveva avallato quelle leggi razziali e contro chi pur non avallandole non alitava neanche un minimo di sdegno. Il segno di una giornata come quella del 27 gennaio serve a ricordare tutto ciò: le vittime, lo sterminio, il massacro degli ebrei, degli zingari, dei gay, dei testimoni di Geova, delle persone d’animo che invece allo sdegno diedero alito, parola e gesti.
Ma serve anche a ricordare il virus peggiore di quell’eccidio, quello che ancora oggi serpeggia a volte nelle nostre comunità, il più difficile da debellare: quel negazionismo dell’orrore che nega le camere a gas, gli esperimenti di Josef Mengele, la deportazione o le donne “volontarie” del sesso destinate ai gerarchi che in cambio di sopravvivenza e una branda fuori dalla baracca costituivano un esercito di postulanti nei campi di Ravensbrueck, Auschwitz o Buchenwald. Quel virus negazionista è ancora oggi il male endemico della nostra civiltà. Per questo il 27 gennaio serve oggi più che mai!
Onorevole Ludovico Vico (Già pubblicato su La Voce di Manduria il 27 gennaio del 2011)
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1 commento
Gregorio
dom 29 gennaio 2023 10:39 rispondi a GregorioOltre a ricordare Shoah (ed è giusto, solo che a volte si esagera talmente tanto che comincia a essere noioso) ricordate che :-“ A Manduria le polveri sottili cancerogene più alte dei quartieri industriali di Taranto”