Venerdì, 19 Aprile 2024

Mentre tutto scorre

Dottore: "Mangi da solo?" Disabile: "riesco a fare solo quello da solo!" Dottore: "Non basta, niente assegno di cura"

Dottore: "Mangi da solo?" Disabile: "riesco a fare solo quello da solo!" Dottore: "Non basta, niente assegno di cura" Dottore: "Mangi da solo?" Disabile: "riesco a fare solo quello da solo!" Dottore: "Non basta, niente assegno di cura" | © n.c.

Carissimi Amici e Lettori della Voce di Manduria, oggi ho deciso di tornare a scrivere e lo faccio per raccontare un episodio che mi riguarda e al quale ho dovuto assistere la scorsa settimana, in modo impassibile o quasi. Era più o meno mezzogiorno circa, quando io e mia madre abbiamo sentito suonare alla nostra porta, ricevendo la visita da parte di un fisiatra. Che è stato mandato per effettuare un controllo ed esprimere una valutazione, in seguito alla nostra domanda riguardo all'assegno di cura*, così si chiama. Domanda che è stata respinta e di conseguenza non rientro tra coloro i quali hanno diritto ad avvalersi di questa possibilità economica. Ci tengo a precisare una cosa, per evitare malintesi: con questo mio scritto, non intendo puntare il dito contro nessuno, né tantomeno rivendicare un qualcosa. Anche perchè dopo quasi 30 anni di onorata carriera nella categoria dei disabili, penso di sapere come funzionano certe dinamiche. Vista soprattutto, la poca fortuna che abbiamo sempre avuto. L'unico mio reale scopo in questa occasione, è mettere in discussione alcuni parametri di giudizio che vengono utilizzati in questi casi. Mi è stato chiesto di fare alcuni piccoli gesti, tipo: stringere la mano e alzare le braccia. Cosa che ho fatto, tranquillamente. Senza alcun problema. Dopodichè, mi è stata posta una domanda: mangi da solo? Ovviamente, ho risposto di sì. Gli abbiamo anche detto che utilizzo un girello per spostarmi in casa, ed ha voluto anche vederlo. Ed alla fine, mi è stato detto: quindi, riesci a camminare un pochino? Io ho risposto: sì, ma dentro casa. E avendo sempre qualcuno dietro di me. Non è che corro la maratona.

In conclusione, ha valutato dove inserirmi. Io questo, non l'ho capito bene. La visita è finita così. Noi in cuor nostro, sapevamo già che la domanda sarebbe stata respinta. Questo può succedere, per carità. Però mi chiedo: basta saper mangiare da soli, oppure farsi due giri per casa con il proprio girello (per altro, accompagnato) per poter considerare una persona autonoma? Un po' di dubbi, mi vengono. Permettetemelo. I miei genitori, sono esemplari nell'assistenza. Nonostante i loro problemi, che sono davvero tanti. Fidatevi. Hanno fatto e fanno sempre tanto, per me. Aiutandomi al 100%. Che è la stessa quota della mia invalidità. Avrei dovuto recitare la parte dello stupido, per ottenere un diritto? Come fanno tantissimi falsi invalidi, nel nostro “bel paese”. No, grazie. Preferisco essere quello che sono, cioè me stesso. Senza fingere. Io, non rubo soldi allo stato. Sia ben chiaro. Anzi... ho sempre dovuto lottare per vedermi riconosciuto quello che era giusto.

E continuerò a farlo, sempre. Perchè non posso essere forte fisicamente, ma sono forte caratterialmente. Ora, faccio io una domanda a loro: secondo voi, a noi fa piacere essere in queste determinate condizioni? Io rinuncerei volentieri al mio vitalizio (come lo chiamo io, ironicamente) se questo significasse finalmente poter stare bene. Ma non è così, la realtà è questa. I controlli andrebbero fatti un pochino meglio, forse. Perchè... si ha un concetto molto limitato di autonomia da parte di chi è chiamato a giudicare certe situazioni, a mio modesto avviso. Non potendole conoscere fino in fondo, tra l'altro. Voglio concludere, ribadendo che questo non è un attacco verso qualcuno, ma soltanto un mio personale punto di vista. Che probabilmente non vale niente, ma che io ho voluto esprimere ugualmente. Perchè... non c'è assolutamente nulla di male, nel dire quello che si pensa, con garbo e gentilezza. Soprattutto, se serve per provare ad avere un mondo migliore.

Claudio Rimoli

* L’Assegno di cura consiste nell’erogazione mensile di un contributo economico alle persone non autosufficienti (che percepiscono già il sussidio di invalidità) e alle loro famiglie per sostenere il costo dell’assistenza domiciliare, al fine di favorire la permanenza nel proprio ambiente di vita.

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