Chissà se immaginate la frustrazione di un insegnante quando vede dormire fannulloni in Parlamento o quando legge le cifre dei parrucchieri del transatlantico; quando deve rivolgersi ad un laureato come lui per una consulenza e deve sborsare in dieci minuti quello che lui guadagna in cinque giorni; o quando vede gente dietro una scrivania che prende più di lui; oppure quando chiama per un intervento un artigiano che in pochi minuti prende in nero quello che in un anno un insegnante deve litigarsi con i suoi colleghi per il bonus merito; oppure ancora quando l’insegnante fa ore di lavoro in più per cose che pensa possano servire ai ragazzi e alle famiglie, li accompagni all’uscita o in gita o alla manifestazione di turno con le palpitazioni. Ma no, mica puoi chiedere recupero o straordinario: che coi ragazzi sei stato e non ti sei divertita?
Ma poi in quell’ora quante cose succedono? Uno tira un pugno al compagno che lo ha offeso, un altro ti racconta che sta male perché i genitori si separano, l’altro si sporge pericolosamente da un cornicione, l’altro ti chiede spiegazioni perché non ha capito. E tu? Tu devi essere onnipresente, avere i tentacoli di un polpo, mille occhi e stare attenta a come parli, perché se dici la parola sbagliata, puoi prenderti calci e pugni da un genitore! Non importa se per suo figlio sei stato tutto il pomeriggio a creare un’attività personalizzata, se ti sei fermata dopo il servizio per ascoltare i suoi problemi, se hai cercato di mostragli la via e gli hai parlato per motivarlo. Tu, insegnante, lavori solo la mattina e non meriti più rispetto di un usciere in Parlamento. Ops, no, quelli sono signori, prendono tre volte te! Tu sei solo una insegnante che ha preso almeno due o tre specializzazioni dopo la laurea, fatto impossibili concorsi e costretta ad esìli interminabili. Che vuoi? Sei tu che hai scelto sto lavoro, zitta e impara come si dà l’educazione ai figli degli altri!
Annalisa Defazio, insegnante
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