Lui era convinto di avere scoperto ogni segreto della vita. Quando facevamo tutti e due i manovali, lui diceva che gli spettava soltanto la “giornata”, che quella voleva, e non cercava nessuna forma di assicurazione. Dopo tanti anni l’ho rivisto in carcere. Ha detto che ha litigato con l’ultimo dei suoi padroni, che gli rifiutava anche la giornata, e che gli ha dato una coltellata: ma non era lui che era a favore dei padroni? Poi, per vivere, si è adattato a spacciare un poco di “farina”. Solo per questo motivo io gli avrei dato l’ergastolo, ma il suo avvocato gli ha fatto avere come attenuante lo stato di bisogno estremo. Ed ha avuto anche il coraggio di darmi del parassita sociale, perché fruisco di quanto è giusto per coloro che hanno versato i giusti contributi. Quando sono stato io al posto suo, in stato di estremo bisogno, non ho accettato di andare per sotterfugi: non ho voluto rovinare famiglie spacciando droga, come era stato proposto anche a me. Eppure lui si considera ancora superiore! Ma io ho una vita mia, lui ha una vita in carcere.
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