Si vota o non si vota a giugno? E quando si saprà, si avrà il tempo per fare le liste, trovare le alleanze, ufficializzare le candidature a sindaco e sbrigare le incombenze burocratiche? Sarà una campagna elettorale normale o con l’affanno? Sono queste le domande che si fanno i manduriani con i rispettivi partiti e movimenti politici i quali attendono da tempo il provvedimento del Consiglio dei ministri che dovrà esprimersi sullo scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune Messapico proposto dal prefetto di Taranto e dalla competente commissione dell’accesso antimafia. La decisione si attendeva per venerdì scorso, 20 aprile, ma per quella data la seduta del governo è saltata. Si spera che tutto passi a martedì prossimo, ma è solo un’ipotesi, al momento, perché qualsiasi provvedimento potrebbe slittare ancora di molto. L’appuntamento elettorale che in tutta Italia (per i comuni giunti a scadenza o commissariati si terrà il 10 giugno e il 10 maggio si dovranno presentare le liste), non comporta vincoli temporali per l’organo di governo che potrebbe esprimersi a campagna elettorale già in corso o addirittura dopo l’elezione del nuovo consiglio comunale.
È già successo al comune siciliano di Castelvetrano sciolto per mafia il 6 giugno del 2017, appena cinque giorni prima della data stabilita per il voto dell’11 giugno. Il comune del trapanese dovette così interrompere la campagna elettorale a due passi dalle urne.
Nello stordimento totale dei partiti e nel silenzio delle istituzioni, c’è chi comincia a perdere la pazienza. È il caso dell’ex vicesindaco di Manduria, Gianluigi De Donno che in un commento sui social rivendica la libertà del voto o comunque il diritto dell’elettore di essere informate sulla sua sorte. «La città e tutte le sue forze politiche – scrive l’avvocato De Donno -, dovrebbero chiedere con forza al Governo che la competizione elettorale si svolga senza questa spada di Damocle che pende sulla testa dei cittadini, che si faccia chiarezza al più presto perché i tempi della burocrazia non possono minare i diritti costituzionali dei manduriani e, in fin dei conti – sottolinea - l’essenza stessa della democrazia. Si voti o meno – conclude l’ex numero della giunta del sindaco Roberto Massafra - abbiamo diritto di saperlo prima della data delle elezioni e, auspicabilmente, prima che si presentino le liste».
L’accesso antimafia per il comune di Manduria, il secondo in cinque anni (il primo si concluse con l’archiviazione del ministro dell’Interno), è stato provocato dall’inchiesta della direzione investigativa di Lecce che ha indagato due politici della passata amministrazione, un assessore e il presidente del Consiglio, finiti in galera e ai domiciliari.
Nazareno Dinoi
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1 commento
Pietro Greco
dom 22 aprile 2018 09:01 rispondi a Pietro GrecoMa questi due hanno ancora intenzione di candidarsi?