È stata depositata ieri al Tribunale di Lecce dove ha sede il distretto di Corte d’Appello competente per i casi che riguardano esponenti di governo, la querela dell’ex sindaco di Manduria, Roberto Massafra, nei confronti dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti. L’ipotesi di reato per il quale si chiede di indagare è quello di diffamazione aggravata per aver sostenuto, nella relazione che accompagna il decreto di scioglimento del comune messapico per infiltrazione mafiosa, una presunta raccomandazione di un pregiudicato da parte del primo cittadino. «Fonti tecniche di prova – scrive l’ex ministro nella relazione finita agli atti - hanno rivelato che lo stesso (l’allora sindaco Massafra, NdR), ha richiesto all’amministratore di una società aggiudicataria di un appalto di lavori l’assunzione di un noto pregiudicato esponente della locale compagine mafiosa». Accuse che fanno insorgere l’ex sindaco «Quelle parole – scriverà in una nota stampa all’indomani della diffusione del decreto -, pesano come un macigno sulla mia onorabilità, anche per effetto della gogna mediatica cui sono stato sottoposto a seguito della sua pubblicazione a mezzo stampa».
Da qui la decisione di affidare mandato di querela al suo avvocato di fiducia, Gianluigi De Donno, già suo compagno di avventura politica avendo ricoperto il ruolo di vicesindaco e assessore comunale.
Il professionista, curatore insieme al suo collega leccese Angelo Vantaggiato, del ricorso al Tar del Lazio contro il decreto di scioglimento del comune, ha stilato la denuncia di cui si occuperà il tribunale dei ministri che se ravviserà estremi di reato da perseguire trasmetterà alle Camere la richiesta di autorizzazione a procedere. Superato questo vincolo, l’ex ministro potrà essere indagato ed eventualmente finire sotto processo.
La denuncia di Massafra punta tutto sulla presunta malafede dell’esponente di governo il quale, nell’interpretare l’intercettazione ambientale avvenuta tra due pregiudicati, aveva dato per scontato il coinvolgimento diretto dell’ex sindaco. Ipotesi questa, sostiene Massafra, suffragata dal fatto che nella stessa inchiesta dell’antimafia esiste la testimonianza del titolare dell’impresa edile dove lavorava il pregiudicato che spiega il motivo per cui aveva assunto come guardiano il pregiudicato finito poi nell’inchiesta dell’antimafia leccese. Altra accusa che Massafra indirizza all’ex ministro, è quella di avere omesso il giudizio degli investigatori che in merito alla presunta raccomandazione non hanno trovato elementi riscontro probatorio che confermassero quanto contenuto nella intercettazione ambientale.
Nazareno Dinoi
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