Per alcuni è stato un miracolo, per i parenti un regalo. Per la medicina, invece, la nascita di una nuova vita dal grembo di una mamma in coma è stato il risultato di giorni e giorni di consulti, di esami, di monitoraggi continui e di notti insonni di medici, infermieri e tecnici della rianimazione dell’ospedale Santissima Annunziata di Taranto. La risposta si chiama Tommy (nome di fantasia), il bimbo nato dopo quasi sette mesi di gestazione, gli ultimi tre nella pancia della madre in coma per la rottura di un aneurisma cerebrale che le ha tolto la coscienza ma non la straordinaria capacità di donare la vita alla sua creatura.
Il «miracolo» si è compiuto tre giorni fa nella sala operatoria del Santissima Annunziata dove ha operato un’equipe composta da anestesisti e rianimatori, ginecologi, neonatologi, pediatri, ecografisti e tanti infermieri di sala che si sono alternati con i rispettivi specialisti medici. Il neonato, fatto nascere con il taglio cesareo, è ora ricoverato nella terapia intensiva affidato alle cure del reparto diretto dal primario Oronzo Forleo. Sta bene ed è coccolato da tutto il personale, non solo della terapia intensiva dei bimbi, ma anche da quello della rianimazione che assiste invece le sorti della sfortunata madre, 38 anni, l’unica ancora a non sapere di essere diventata mamma.
Il personale sanitario dei due reparti di rianimazione e ostetricia, diretti da Michele Cacciapaglia e Emilio Stola, ha fatto di tutto per tirare su quel piccolo feto arrivato da loro, con la sua mamma in coma, quando era ancora troppo presto per farlo nascere. All’ingresso della gravida, colpita da emorragia cerebrale, il tempo di gestazione era di 22 settimane, troppo poche per vivere. Così, con enormi sforzi e non poche difficoltà dovute soprattutto ai rischi di infezione settica, tutti sono stati bravi a farlo arrivare alla trentesima settimana. Anche il peso alla nascita di Tommy, poco meno di due chili, pochi ma abbastanza per farcela, ha smentito le aspettative che in certi casi prevedono difetti nella crescita del feto come conseguenza della sofferenza multi organo della madre sottoposta a trattamenti farmacologici intensivi. Niente, assicurano gli addetti ai lavori, che possa aver compromesso la formazione del piccolo Tommy che dalla sua incubatrice della terapia intensiva riceve continue visite di chi, in rianimazione, assiste sempre la sua mamma che non sa ancora di esserlo. «Questo bambino è anche un po’ nostro», dicono a turno medici e infermieri che lo vanno a trovare. S’incanta invece a guardarlo il suo papà che vede in lui qualcosa di più di un figlio, convinto magari che, appena potrà farlo, lo prenderà in braccio e lo porterà dalla sua mamma che si risveglierà. È successo tre anni fa, sempre nello stesso ospedale, una donna di 47 anni che era riuscita a rimanere incinta con l’inseminazione artificiale, era arrivata al settimo mese quando un’emorragia cerebrale l’aveva ridotta in coma. Il taglio cesareo eseguito d’urgenza fece nascere il bambino e la sua mamma si risvegliò dopo tre giorni di coma. Quattro giorni fa, a Mantova, un’altra donna in coma ha partorito il suo bambino che sta bene. Ne hanno parlato tutti i giornali d’Italia.
Da Quotidiano di Taranto
Vuoi commentare la notizia? Scorri la pagina giù per lasciare un tuo commento.
© Tutto il materiale pubblicato all’interno del sito www.lavocdimanduria.it è da intendersi protetto da copyright. E’ vietata la copia anche parziale senza autorizzazione.