Una sala convegni dell’Hotel Corte Borromeo piena e molto attenta ha seguito ieri l’incontro organizzato dalla Voce di Manduria con il giornalista siciliano Paolo Borrometi che vive sotto scorta per le minacce di morte ricevute da esponenti della criminalità organizzata. Il tema dell’evento che era “Il silenzio è mafia”, ha preso spunto dall’accesso antimafia a cui è stato sottoposto il comune di Manduria (seconda volta in cinque anni) che rischia lo scioglimento per infiltrazioni mafiose. Alcune inchieste giornaliste condotte da Borrometi hanno fatto aprire indagini che hanno portato poi allo scioglimento del comune si Scicli, in Sicilia. La sua attività di giornalista di prima linea ha fatto scoperchiare il malaffare in diverse aziende siciliane, alcune delle quali con interessi a livello nazionale, tutte in odore di mafia. Per questo il coraggioso giornalista è stato oggetto di minacce e aggressioni brutali da parte di esponenti di spicco della mafia siciliana. Il trentacinquenne vive esiliato a Roma sotto la scorta di cinque carabinieri che lo accompagnano ovunque. Non a caso gli interventi di Borrometi e del direttore de La Voce, Nazareno Dinoi che ha presentato l’ospite, hanno riguardato il ruolo fondamentale dell’informazione libera che deve spesso lottare contro poteri forti che vogliono imbavagliare la verità scomoda. «Chi fa politica in un certo modo tende sempre a denigrare il giornalista che fa il suo dovere; se un giornalista scrive le cose che fanno comodo al potere allora è un giornalista buono, altrimenti è un giornalaio». Interessante è stato poi il discorso sulla schiena dritta che dovrebbe avere chi fa informazione. «Il giornalista - ha detto Borrometi – deve essere il cane da guardia e non da compagnia del potente di turno che può essere un amministratore, un dirigente, un direttore di Asl, un direttore di banca e così via». Cliccare qui per rivedere l'intero evento..
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