Un’opera teatrale sulla sua vita, libri, un docufilm del regista Fortunato Calvino a cura dell'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ed ora un murale nel Palazzetto Urban di Napoli che sarà inaugurato domani, lunedì 18 febbraio, con la presenza del sindaco Luigi De Magistris. Tutto per “La Tarantina”, primo transgender pugliese e ultimo “femminiello” di Napoli. Un vero personaggio di nome Carmelo Cosma, classe 1923, di Avetrana, da dove, ancora minorenne, fuggì ripudiato dalla sua famiglia (evidentemente perché gay) diventando “La Tarantina”.
All’età di 82 anni (il 22 marzo spegnerà l’83sima candelina), la Tarantina è diventata una leggenda raccontata dalla stessa protagonista nel documentario del regista Calvino dove Carmelo Cosma, alias La Tarantina, ricorda il suo avvio alla prostituzione ancor prima della maggiore età, la persecuzione della polizia e la partenza per Roma, dove visse la sua personale e trasgressiva dolce vita conoscendo nomi come Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini, Laura Betti, Goffredo Parise e Novella Parigini, la pittrice famosa per le sue donne con gli occhi di gatto, che la ebbe più volte come modella.
Di lei ne parla oggi il Corriere del Mezzogiorno in un articolo di Alessandra Chetta che riporta brani di alcune interviste della Tarantina. «Federico non credeva fossi un uomo viste le mie sembianze, fino a quando non gli feci vedere il mio membro» dirà a Gay.it. Conosce Pier Paolo Pasolini e Laura Betti ,«anche se non sapevo minimamente chi fossero», o forse furono loro a conoscere lei, star dei salotti. S’imbatte in Alberto Moravia, «un gran cafone», e incrocia più volte Goffredo Parise, che invece descrive come persona meravigliosa. In via Margutta era di casa: posava da modella per Novella Parigini, pittrice esistenzialista di nudi che poi, spesso, coincidevano col corpo travisato del femminiello. Sulla Tarantina degli anni d’oro dei grossi guadagni si favoleggia alla grande».
Sempre dal Corriere del Mezzogiorno. «Fa l’intransigente, orgogliosa di essere terzo sesso: «Lgbt, ma che mi significa? Transgender? Mah». Perplessa sulla colorata ostentazione dei Pride e delle nozze gay, come qualche tempo fa la cerimonia della transessuale Alessia ad Aversa: «E’ una cosa che proprio non mi interessa, si fa troppo spettacolo, troppa esibizione, ma se la gente è felice così… Anche se di matrimoni, però finti, tra femminielli ne abbiamo sempre fatti. Sono episodi poi finiti sui libri (i saggi di Eugenio Zito e Paolo Valerio, ndr) e nei film». Disincantata, anche perché fino agli anni Settanta i transessuali erano braccati dalle forze dell’ordine: «Adesso gli omosessuali possono sposarsi ma le offese non sono finite. Ci sarà sempre qualcuno che ti chiama ricchione, femmenélla. Nessuno s’illuda, la discriminazione continua».
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