«Di Sla non si guarisce e sperare di rientrare nella graduatoria per avere un aiuto è immorale». Lo scrive ai funzionari della Regione Puglia, Letizia, figlia di Leonardo Giuliano, manduriano di 54 anni, da otto prigioniero della malattia che s’impadronisce del corpo lasciando lucida solo la mente.
Parte da Manduria il grido di dolore e rabbia delle famiglie dei malati di Sla che da sei mesi non percepiscono più l’assegno di circa 800 euro. La Regione Puglia ha sospeso l’erogazione per la revisione dei livelli essenziali di assistenza che ha inserito altre patologie tra quelle aventi diritto, rendendo la coperta troppo corta per coprire tutti.
La città Messapica è un caso particolare per l’alta percentuale di malati e di mortalità di Sla superiore tre volte quella mondiale. L’incidenza della malattia è di sei casi ogni centomila abitanti. In Italia se ne contano circa 5.000, in Puglia 500. A Manduria che conta poco più di 30mila anime e quindi di casi ne dovrebbe avere due, dal 2009 ad oggi gli ammalati certificati sono stati nove di cui tre ancora in vita (erano sei sino a pochi mesi fa).
Nove casi in otto anni che hanno portato e portano dolore e sofferenze ma anche difficoltà nella gestione della malattia da parte delle famiglie che si sentono spesso abbandonate dalle istituzioni. In questo caso a non farcela sono i familiari dei tre casi della sclerosi laterale amiotrofica (ma come loro tutti gli altri in Puglia) che dopo sei mesi di attese e di speranze hanno deciso di far sentire la propria voce con una lettera inviata alla dirigente del Dipartimento promozione della salute della Regione Puglia, Anna Maria Candela.
«Egregia dottoressa – scrive la giovane Letizia -, sono la figlia di un ammalato di Sla di Manduria e credo di poter parlare in nome di tutti i nostri compagni di sventura. È da luglio 2017 – continua la lettera - che non riceviamo “quel” contributo che a noi famiglie ci permetteva di dare un minimo di dignità e tranquillità ai nostri ammalati, ci garantiva un’assistenza, un fiato in più per queste persone che necessitano di sostegno praticamente sempre. Ora invece – prosegue la missiva inviata una settimana fa nella casella email della dirigente Candela che non ha ancora risposto -, ci ritroviamo da ben sei lunghissimi mesi a dover tamponare situazioni impossibili e addirittura a dover sperare che i nostri ammalati rientrino nelle graduatorie».
Oltre agli sforzi, le famiglie devono poi scontrarsi con i punteggi dell’Unità valutativa multidisciplinare (Uvm), un algoritmo che misura il grado di difficoltà, economico, sociale e delle risorse umane disponibili nell’assistenza dei disabili gravi valevoli per l’attribuzione economica. Un compito non facile per chi deve stabilire tali valori causa di ritardi nella stesura delle graduatorie.
«Non c’è tempo e c’è oltretutto il rischio che chi ha un punteggio basso possa perdere la possibilità di riavere il contributo», continua Letizia Giuliano nella lettera. «Io le posso garantire – si legge ancora - che di Sla non si guarisce e che attribuire un qualsiasi punteggio ad un ammalato immobile da 8 anni, forse è anche un po’ immorale». In evidente contrasto con questi criteri di valutazione, la figlia del malato di Sla sfoga così la sua rabbia. «Non c’è punteggio – dice - non c’è graduatoria che possa stabilire il livello di necessità per questi ammalati e per queste patologie altamente invalidanti e purtroppo degenerative; probabilmente un bando così strutturato non è stato di certo una buona soluzione per noi. Confido nella revisione dei requisiti di questo bando nel buon senso – conclude Letizia - e cortesemente chiedo di procedere al più presto con l’erogazione perché gli ammalati non possono e non devono aspettare».
Nazareno Dinoi sul Quotidiano di Taranto
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